Page 174 - L'onorata società
P. 174
infermieri. O forse, banalmente, per guadagnare di più. Comunque sia, a
una certa ora si stacca. Qualcuno si limita a uscire dal reparto per infilarsi
in un ambulatorio lì a fianco. Altri se ne vanno a curare i pazienti nelle
cliniche private. In entrambi i casi i malati pagano. Tutto regolare, sia
inteso. Sono forme contrattuali previste dalla legge, orribilmente chiamate
intramoenia e intramoenia allargata extramuraria. Opportunità per
continuare a esercitare in proprio introdotte da Rosy Bindi, quando era
ministro della Sanità. Dunque, il medico svolge i suoi compiti all'interno di
una struttura pubblica, in teoria "in esclusiva". Però può scegliere di
affiancare al lavoro in corsia l'attività intramoenia. Può cioè effettuare
visite all'interno della stessa struttura con un tariffario predeterminato: una
parte va a lui, un'altra alla direzione sanitaria. A questo punto si aggiunge
un secondo inghippo: siccome "ufficialmente" gli ospedali non hanno i locali
e le attrezzature sufficienti, ecco che scatta l'intramoenia allargata, la
possibilità di esercitare la professione medica fuori, anche a mille
chilometri di distanza, in una qualsiasi clinica, con la quale viene stipulata
una convenzione. Il ricavato, anche in questo caso, viene diviso tra camice
bianco e ospedale di appartenenza. Lo specialista dovrebbe fatturare tutto.
Rigorosamente vietato avere cento appuntamenti e dichiararne dieci:
potrebbe configurarsi il reato di truffa ai danni del Servizio sanitario
nazionale. Le cronache dimostrano il contrario: l'evasione raggiunge livelli
altissimi e i bei nomi pizzicati a denunciare meno di quanto incassato si
sprecano.
Ma la questione veramente grave è un'altra. Questo meccanismo,
creato per tutelare quello che Antonio Tomassini, ginecologo, senatore del
Pdl nonché presidente della commissione Sanità di Palazzo Madama,
definisce «il diritto alla libera professione», genera due categorie di malati:
quelli di serie A e quelli di serie B, i ricchi e i poveri. Chi può pagare sceglie
il medico che gli ispira maggiore fiducia e ottiene l'incontro entro pochi
giorni. Agli altri non rimane che iscriversi nelle lunghissime liste d'attesa.
Ignazio Marino, tra i più noti chirurghi italiani, senatore del Pd, ha scritto
sull'«Espresso»: «Oggi le falle del sistema sono gravi e non più accettabili.
Ricorrere alle prestazioni in intramoenia spesso non è un'opportunità in più,
ma una necessità a cui si è costretti per accedere alle cure in tempi
ragionevoli».
Altro tema scottante: perché per l'assegnazione dei primariati non si
fanno veri concorsi? Se ne discute nei convegni e sui giornali. Ma l'attuale
sistema concorsuale rimane un'ipocrita copertura, dominato com'è dai big
delle varie specialità e dai direttori generali delle aziende ospedaliere. I
criteri di valutazione non sono mai oggettivi, restano generici. Non
vengono presi in considerazione né lo stato di servizio né la produzione