Page 177 - L'onorata società
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furono condannati cinque professori universitari, tre della commissione più
due padri di candidati. Nei guai finì anche Giovanni Motta, ordinario a
Napoli, definito dai giudici "despota" della specialità: suo figlio Gaetano era
uno dei vincitori. Le condanne sono state confermate dalla Cassazione. Il
ministero dell'Università ha chiesto un parere al Consiglio di Stato, che ha
risposto nel marzo 2002: il concorso del 1988 deve ritenersi nullo. È
successo poco o niente: per ragioni formali, burocratiche e chissà che altro,
sono in tanti a restare sulla loro poltrona, acquisita in modo illegittimo.
Ancora. Partendo da una storia di viaggi premio generosamente elargiti
da un'azienda farmaceutica al personale di medicina interna del
Sant'Orsola di Bologna, la Guardia di finanza si è imbattuta nelle manovre
per pilotare tutti i concorsi del ramo. Vincevano sempre i candidati "giusti".
Veniva concordata la composizione delle giurie, il bando richiedeva
caratteristiche su misura, che solo il prescelto poteva avere, si inviava il
curriculum del predestinato ai commissari, e il gioco era fatto. Gli inquirenti
hanno passato al setaccio 12 concorsi di Medicina interna, da Bologna a
Brescia, a Verona. Davanti a eventuali contrasti, la parola decisiva
spettava al "burattinaio": così era chiamato, in numerose telefonate
intercettate, Ettore Bartoli, anziano cattedratico di Novara con potenti
agganci in tutta Italia.
Emblematici anche i colloqui intercettati tra Paolo Rizzon, ordinario di
Cardiologia a Bari (ed è la Procura del capoluogo pugliese ad avere
scoperchiato il pentolone), e alcuni colleghi, tra i quali Mario Mariani, di
Pisa, cardiologo di fama internazionale. Il posto in questione è per
associato in Cardiologia proprio a Pisa, alla Scuola superiore Sant'Anna.
«Ce n'era uno fortissimo» ridacchia Rizzon. «Era il migliore, ma l'abbiamo
fregato.»
Sì, un candidato, Eugenio Picano, dava fastidio, perché troppo bravo:
«Aveva 600 punti di impact factor, mentre gli altri arrivavano al massimo a
120». In una seconda telefonata, un fragile ripensamento: «Non è che sia
bello fare queste cose. Almeno, a me non piace». Ma bisognava fare un
favore a Mariani e lui aveva deciso di farlo: «Una battaglia terribile. Però
mi sto divertendo».
L'esame di umanità
Beato lui. Si divertono molto meno gli italiani, quando si ammalano e sono
costretti a entrare in una corsia ospedaliera. Sarebbe bello se i nostri
politici, i manager della Sanità, i medici riflettessero sulla lezione che è
arrivata dal leader dei Tory, il partito conservatore inglese, David