Page 162 - L'onorata società
P. 162

a carattere scientifico) di diritto privato e 56 cosiddetti ospedali classificati,
          di  proprietà  di  enti  religiosi.  Le  strutture  private  residenziali  e
          semiresidenziali per anziani e malati cronici sono 4.783 (il 67,9 per cento
          del totale). Gli ambulatori privati, infine, sono 6.012 e rappresentano il 57

          per  cento  del  numero  complessivo,  con  una  punta  dell'82  per  cento  in
          Sicilia.
              Una  situazione  in  crescita  ovunque,  ma  che  si  presenta  a  macchia  di
          leopardo.  Nell'Italia  che  nel  2001  ha  introdotto  il  federalismo  sanitario,

          ogni Regione adotta verso il privato le strategie che ritiene più opportune:
          si va dal 28,1 per cento sul totale della spesa della Lombardia al 10,5 del
          Friuli-Venezia Giulia, dal 27,1 per cento del Lazio all'11,5 della Toscana. In
          assoluto, tuttavia, si tratta di un bel business: 21 miliardi all'anno su 102

          miliardi  di  spesa  sanitaria  pubblica,  stima  il  Cergas.  Che  entra  nel
          dettaglio:  8,8  miliardi  sono  destinati  agli  ospedali  accreditati,  8,6
          all'assistenza  convenzionata  (con  le  case  di  riposo  a  fare  la  parte  del
          leone), 3,6 a visite ed esami specialistici.

              A  spartirsi  la  torta  sono  principalmente  otto  gruppi,  gli  unici  a  poter
          vantare una dimensione significativa. In sostanza, la sanità privata italiana
          è  una  specie  di  club,  frequentato  da  una  cerchia  ristretta,  mentre  la
          restante piccola quota del settore risulta molto frazionata. Ecco i "magnifici

          otto":  si  chiamano  Rotelli,  De  Benedetti,  Rocca,  Sansavini,  Miraglia,
          Garofalo,  Angelucci,  ai  quali  si  aggiunge  lo  straordinario  (e  controverso)
          personaggio di don Luigi Verzé, fondatore del San Raffaele. Alcuni, come
          De  Benedetti  e  Rocca,  hanno  trovato  nella  sanità  un'importante  e

          remunerativa  diversificazione  all'attività  dei  loro  gruppi.  Altri  sono  nati  e
          cresciuti nel ramo, via via acquisendo posizioni di leadership. Ma andiamo
          a conoscerli uno per uno.
              Con  725  milioni  di  fatturato,  18  strutture  (concentrate  in  Lombardia,

          fatta  eccezione  per  una  in  Emilia)  e  3.343  posti  letto  (3  mila  dei  quali
          accreditati), Giuseppe Rotelli è il più grande di tutti. Attraverso un castello
          societario in cui spicca la subholding Papiniano, controlla, oltre al Policlinico
          San  Donato,  alcune  prestigiose  cliniche  milanesi,  come  la  Madonnina,  la

          San Siro e l'Istituto ortopedico Galeazzi. Laureato in Legge, 64 anni, Rotelli
          si specializza in una materia contigua a quella del padre Luigi, medico e
          fondatore,  appunto,  del  San  Donato:  la  normativa  riguardante  la  salute.
          Assume anche la cattedra di Organizzazione e legislazione sanitaria presso

          la facoltà di Medicina di Milano. Negli anni Settanta il democristiano Piero
          Bassetti,  primo  presidente  della  Lombardia,  lo  chiama  al  suo  fianco  per
          redigere  il  Piano  ospedaliero  regionale.  E  lui  mette  le  basi  per  la
          coesistenza  tra  strutture  pubbliche  e  private.  Alla  morte  del  padre,  nel

          1980,  prende  in  mano  le  redini  del  gruppo.  Vent'anni  dopo,  nel  2000,  il
   157   158   159   160   161   162   163   164   165   166   167