Page 157 - L'onorata società
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posto sotto sequestro perché costruito con la sabbia al posto del cemento
          armato: una piccola scossa di terremoto e verrebbe giù.
              Al  San  Donato  no.  Sembra  di  sbarcare  in  un  altro  pianeta  se,  per
          esempio, lo si confronta con l'Ospedale civico di Palermo. La classica città

          nella città. Dove ci sono cantieri perenni, aree abbandonate, vialetti lungo i
          quali  i  venditori  ambulanti  stendono  le  loro  mercanzie.  E  dove  è  inutile
          continuare a dipingere le pareti del pronto soccorso, tanto il giorno dopo
          ricompaiono le solite scritte: per lo più bizzarri ex voto, tipo «Rocco tieni

          duro»  o  «Rosalia,  quando  tornerai  sarai  ancora  più  bella»,  ma  anche
          disegni e messaggi volgari, da sottopasso delle stazioni.
              Addirittura  sconfortante  il  paragone  con  il  famigerato  Umberto  I  di
          Roma, il più grande ospedale italiano, oltre 1.300 posti letto. Nel gennaio

          2007  suscitò  clamore  un'inchiesta  dell'«Espresso»  intitolata  «Policlinico
          degli  orrori».  Un  giornalista  si  era  travestito  da  inserviente  e  aveva
          lavorato  per  un  mese  nei  vari  padiglioni.  Ne  ha  viste  e  raccontate  di
          incredibili: laboratori radioattivi e contagiosi lasciati incustoditi, sporcizia e

          sigarette ovunque, fino a cani randagi che si aggiravano nei corridoi. Livia
          Turco,  all'epoca  ministro  della  Salute,  se  ne  indignò  e  scatenò  i  Nas,  i
          carabinieri  del  Nucleo  antisofisticazione  e  sanità.  Gli  uomini  dell'Arma
          ispezionarono  854  ospedali  lungo  la  penisola.  Al  termine  di  un  anno  di

          accertamenti,  venne  fuori  una  relazione  agghiacciante:  poco  meno  della
          metà, 417 per l'esattezza, risultarono in qualche modo irregolari, 1.053 le
          infrazioni rilevate (di cui 557 di natura penale), 778 le persone segnalate
          all'autorità giudiziaria. Da nord a sud emersero condizioni drammatiche. Al

          Sant'Antonio Abate di Gallarate (Varese) figurava un dentista senza laurea.
          All'Ospedale degli Infermi di Finale Emilia (Modena) le uscite di emergenza
          erano  bloccate.  Agli  Ospedali  Riuniti  della  Valdichiana  di  Montepulciano
          (Siena) erano stati trovati medicinali scaduti. Al Santa Barbara di Rogliano

          (Cosenza)  mancavano  i  requisiti  minimi  di  efficienza  e  sicurezza.  E  non
          sono che alcuni tra i casi più eclatanti. Mentre pressoché normale fu per i
          Nas  trovare  sporcizia  e  mozziconi  di  sigaretta,  che  dovrebbero  essere
          banditi.

              Ah,  per  inciso:  la  situazione  dell'Umberto  I  non  è  cambiata  affatto.
          Ubaldo  Montaguti,  discusso  direttore  generale,  il  21  giugno  2009
          dichiarava:  «Solo  per  mettere  a  posto  il  piano  antincendi  dovremmo
          spendere 176 milioni. Non esiste un'area sicura. L'ospedale andava chiuso

          trent'anni fa. Lo sto tenendo aperto a mio rischio e pericolo». Forse aveva
          avuto sentore che di lì a un paio di giorni sarebbe finito nel registro degli
          indagati, insieme con altre venti persone. Oggetto dell'indagine: presunte
          irregolarità  negli  appalti  per  la  ristrutturazione  dei  sotterranei  e  nel

          conferimento di incarichi.
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