Page 158 - L'onorata società
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Buona sanità, cattiva sanità, malasanità
Eccolo, il Servizio sanitario nazionale. Da una parte centri di assoluta
eccellenza (ce ne sono, e tanti, anche nel pubblico), dall'altra strutture
fatiscenti, disorganizzazione, l'arte di arrangiarsi. Quante contraddizioni.
L'Organizzazione mondiale della sanità colloca il sistema italiano al
secondo posto assoluto dietro quello francese: gli Stati Uniti, per
intenderci, sono solamente al 37°, spendono il doppio di noi per ogni
cittadino, e 47 milioni di persone non hanno copertura sanitaria né pubblica
né privata, tanto che Barack Obama ha messo ai primissimi posti la riforma
della sanità. Nello stesso tempo ci troviamo in fondo alla classifica (al 18°
posto, prima è la Danimarca) per The Empowerment of the European
Patient, un rapporto che mette a confronto i Paesi della Ue prendendo in
considerazione il trattamento umano del malato, le liste d'attesa, il diritto
all'informazione. Ancora: in un recente sondaggio condotto dalla società
specializzata Swg, il 75 per cento degli italiani difende nel suo insieme il
Ssn. Parallelamente, l'ultima edizione dell'indagine sulla Customer
satisfaction nei servizi, elaborata dal Centro di formazione management
del terziario, vede la sanità pubblica in quintultima posizione su 32 settori:
consola ben poco sapere che nella soddisfazione degli utenti sono peggio i
treni e il trasporto urbano.
Studi contrastanti, insomma. Che mettono in evidenza percezioni e
sentimenti profondamente differenti. Logico, dal momento che la sanità
italiana viaggia a due velocità. Meglio, a tre. Perché oltre alla buona e alla
cattiva sanità, c'è la malasanità. Chi non ricorda i ripetuti scandali
dell'ospedale di Vibo Valentia? Nel 2007 si verificarono episodi talmente
eclatanti da trasformare l'ospedale della città calabrese in una sorta di
simbolo, un girone dantesco dove sai come entri ma non se e come esci.
Il 19 gennaio 2007 Federica Monteleone, 16 anni, deve essere
sottoposta a un banale intervento di appendicite. In attesa del
completamento dei lavori di ammodernamento del blocco operatorio
principale, viene utilizzata una sala operatoria allestita di recente e
inaugurata una ventina di giorni prima. A un certo punto, si verifica un
blackout della durata di dodici minuti. I chirurghi sono costretti a deporre il
bisturi, poiché il generatore di emergenza non entra in azione. La ragazza
sta male, entra in coma. Viene trasportata a Cosenza, dove resta sei giorni
in terapia intensiva. Ma le sue condizioni peggiorano, fino alla morte. La
Asl ricostruisce l'accaduto come segue.