Page 159 - L'onorata società
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Nonostante la sala fosse stata curata in maniera particolare dal punto
di vista impiantistico elettrico per favorire l'adeguamento alle norme di
sicurezza, quando nel corso dell'intervento si è registrata una momentanea
interruzione della corrente elettrica, dovuta probabilmente a uno sbalzo di
tensione esterno, la lampada scialitica e l'elettrobisturi, collegati alle prese
del sistema di continuità, hanno continuato a funzionare, mentre
l'apparecchio di anestesia e il relativo monitor, inspiegabilmente, non
erano stati collegati alle prese del sistema di continuità. Pertanto sono
rimasti spenti fino all'arrivo, avvenuto dopo qualche minuto,
dell'elettricista.
Riassumendo: le macchine erano attaccate alla spina sbagliata.
Dodici mesi dopo, il 5 dicembre, Eva Ruscio, 16 anni come Federica,
muore durante un intervento alle tonsille. Precisamente: mentre i medici le
praticano la tracheotomia per fare fronte al peggioramento delle sue
condizioni e consentirle di respirare. Passano tre settimane e il 26
dicembre è la volta di un uomo di 88 anni, Orazio Maccarone: rimane per
quattro ore su una barella al pronto soccorso, in attesa che si renda
disponibile un letto. Si aggrava e non giunge vivo all'ospedale di Tropea.
Inutile la corsa in ambulanza.
A Vibo, stavolta, scoppia il finimondo, se non altro per l'incalzare dei
media. Si scopre che nelle corsie e nelle sale operatorie il degrado supera
l'immaginazione. Forse perché da un decennio stanno tutti aspettando il
nuovo ospedale. Un'opera sbandierata come un gioiello, ma bloccata dopo
la posa della prima pietra (avvenuta, neanche a dirlo, in occasione delle
elezioni amministrative), in seguito a un'indagine della magistratura che
nel settembre 2005 ha portato in carcere una trentina di persone tra
dirigenti della Asl e imprenditori. Intanto, nelle corsie fatiscenti accade di
tutto. Gli ispettori del ministero della Salute, calati a Vibo, parlano di
"caos". Un dato fra tutti: nel reparto di otorinolaringoiatria, dove era
ricoverata Eva Ruscio, solo il primario risultava di ruolo. I Nas, a loro volta,
rilevano qualcosa come 803 irregolarità di varia natura e specie. L'ex
prefetto Achille Serra, incaricato dal governo di Romano Prodi, e nello
specifico dal ministro Livia Turco, di occuparsi del problema sanità in
Calabria, sbotta: «Qui ci sono strutture da Terzo Mondo». Persino alcuni
medici sollecitano una cura drastica: «Per favore, chiudete l'ospedale».
A distanza di due anni, purtroppo, non è cambiato niente. Nell'agosto
2009 gli ospedali calabresi sono finiti nuovamente nell'occhio del ciclone
per sei morti sospette: a Cetraro una bambina di otto anni in preda a
diarrea e vomito, ad Acri un cinquantenne che accusava un forte dolore a
una gamba, in una clinica privata convenzionata di Cinquefrondi una donna