Page 156 - L'onorata società
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10. Alla loro salute







              Silvio Berlusconi sorride, fa domande, ha una parola per tutti. È martedì
          19  maggio  2009  e  il  presidente  del  Consiglio  ha  deciso  di  non  mancare
          all'inaugurazione del nuovo Policlinico San Donato, alla periferia di Milano.

          Preso  dal  buonumore,  come  gli  capita  spesso,  non  resiste  alla  battuta.
          Prima del taglio del nastro, guarda in faccia Giuseppe Rotelli, il proprietario
          della struttura, e si illumina: «A sentire quello che sapete fare in questo
          ospedale,  quasi  dispiace  non  averne  bisogno...».  Ora,  il  Policlinico  San

          Donato  esiste  da  quarant'anni.  Magari  non  bello  come  adesso,  non  così
          all'avanguardia  dal  punto  di  vista  tecnologico,  ma  pur  sempre  una  delle
          eccellenze della sanità italiana. Un vero peccato che, nel dicembre 2006,
          quando Berlusconi ha avuto davvero bisogno, sia partito per gli Stati Uniti.

          Ohio, per la precisione. È là, nel celebre Heart and Vascular Center della
          Cleveland Clinic, che è andato a farsi fare il "tagliando" al cuore, come ha
          ironizzato lui. Unica presenza italiana, quella di Andrea Natale, cardiologo
          dell'équipe  che  lo  ha  curato,  inserito  nel  2004  tra  i  migliori  medici

          d'America. Non un bel segnale per
              il Servizio sanitario nazionale: se si comporta in questo modo il capo del
          governo,  che  devono  pensare  i  cittadini?  La  comunità  degli  specialisti
          nostrani  arrivò  più  o  meno  ufficialmente  a  risentirsi  per  la  sfiducia

          dimostrata. Ma tant'è. Forse oggi Berlusconi cambierebbe idea e anziché
          varcare l'oceano farebbe pochi chilometri dalla sua Arcore.
              Un  fatto  è  fuori  discussione:  l'Irccs  (Istituto  di  ricovero  e  cura  a
          carattere  scientifico)  San  Donato,  435  posti  letto,  257  medici  e  641  tra

          tecnici  e  infermieri,  20  mila  ricoveri  e  550  mila  prestazioni  ambulatoriali
          all'anno, è proprio un ospedale modello. Basta guardare le sale d'aspetto,
          la disposizione delle luci, la scelta dei colori. Senza contare la sostanza: 12
          sale  operatorie  dotate  delle  attrezzature  migliori  sul  mercato,  altissima

          specializzazione, a partire dalla cardiochirurgia, compresa quella pediatrica.
          Niente  a  che  vedere  con  molti,  troppi  nosocomi  pubblici,  metà  dei  quali
          costruiti tra la fine dell'Ottocento e il 1940. Umberto Veronesi, personalità
          scientifica  che  il  mondo  ci  invidia,  ex  ministro  della  Sanità  nonché

          fondatore di un altro centro d'avanguardia milanese, l'Istituto europeo di
          oncologia, è perentorio: «Ne andrebbero chiusi 400». Pressappoco uno su
          due. Ma provateci voi: come minimo scoppiano rivolte di piazza. Quanto ai
          nuovi, c'è da augurarsi che il caso dell'ospedale di Agrigento sia solo una

          scandalosa  eccezione.  Aperto  nel  2004,  dopo  vent'anni  di  lavori,  è  stato
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