Page 153 - L'onorata società
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ateneo voluto della Congregazione dei Legionari di Cristo, di Francesca
Romana Lenzi. Non è tanto il fatto che abbia appena 25 anni e, beata lei,
sia riuscita a entrare nel paludato sistema accademico italiano a un
annetto dalla laurea. Piuttosto che sia la figlia di Andrea Lenzi, l'uomo che,
alla presidenza del Cun, il Consiglio universitario nazionale, è oggi il più
impegnato a sollecitare una riforma radicale. Alla base della quale ci sia
«un sistema di valutazione rigoroso e trasparente degli atenei e dei
docenti». Sua figlia correva da sola: gli altri due candidati non si sono
presentati. Capo della commissione era Antonello Biagini, professore della
Sapienza (dove peraltro Francesca Romana ha ottenuto un dottorato),
nonché marito di Giovanna Motta, collega di Andrea Lenzi. Gian Antonio
Stella, in uno spassoso articolo sul «Corriere della Sera», ha parlato di
«bizzarre coincidenze». Il professor Lenzi se ne è indignato. Ha avanzato
l'ipotesi di un dispetto portato alla sua persona. E ha difeso a spada tratta
l'eccellente curriculum della figlia.
Taglia e ricuci
Sia chiaro: le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, e viceversa.
Comunque, fra modesta qualità, sprechi, scandali e nepotismo, ce n'è
abbastanza. Mariastella Gelmini ha annunciato la sua rivoluzione fin troppe
volte. Tanto da beccarsi i rimbrotti della Crui. Visto il continuo slittamento
della presentazione al Consiglio dei ministri del disegno di legge
sull'università, la Conferenza dei rettori se ne è uscita con un acido
comunicato: «Le riforme svaniscono, i tagli restano».
Non si sa che cosa accadrà concretamente, quali resistenze
spunteranno quando il ministro passerà dalle parole ai fatti. Ma non è
difficile immaginarlo. Intanto la Gelmini vorrebbe rivoluzionare la
governance degli atenei. I consigli d'amministrazione dovrebbero essere
costituiti da una maggioranza di membri esterni. Un manager ricoprirebbe
la carica di direttore generale. Mentre gli studenti farebbero riferimento a
una sorta di difensore civico. In questo modo sarebbe possibile tenere
sotto controllo i bilanci e la distribuzione delle spese. Verrebbe inoltre
ostacolata la proliferazione di cattedre ad hoc. E sparirebbero i rettori a
vita e plenipotenziari: il loro mandato avrebbe un limite massimo di 8 anni.
Quanto ai concorsi, finalmente si direbbe basta ai bandi locali.
Periodicamente dovrebbero svolgersi prove a livello nazionale (con una
lista di commissari selezionati), cui potrebbe partecipare chiunque. Scopo:
assegnare l'abilitazione nelle varie discipline prendendo in considerazione
criteri oggettivi, quali il curriculum e la produzione scientifica. Le università