Page 147 - L'onorata società
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Possiamo cioè contare su 2,3 laureati stranieri ogni cento laureati italiani,
contro una media dei Paesi Ocse di 10,45. Se il futuro è la globalizzazione
dei cervelli, siamo messi davvero male. E anche questo si traduce in un
costo, sotto forma di mancato sviluppo. Il flusso mondiale di 2,7 milioni di
studenti vale 30 miliardi di euro. Noi ne siamo tagliati fuori.
Chi ricerca non trova
Ma è l'intera Italia dell'innovazione e della ricerca a essere ferma. A
dispetto di quanto sancito nell'articolo 9 della Costituzione: «La Repubblica
promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica».
Nell'indagine Eis (European Innovation Scoreboard), che tiene conto di 29
indicatori tra i quali il numero di ricercatori, i brevetti generati, il rapporto
tra ricerca e imprese, siamo l'ultimo Paese inserito nella categoria degli
"innovatori moderati". Veniamo dopo Grecia e Portogallo e appena prima di
Malta, che guida la pattuglia degli ultimi. I nostri investimenti complessivi
in ricerca e sviluppo rappresentano l'1,1 per cento del Pil, percentuale
invariata da un decennio e diminuita di 0,2 punti dal 1990. La media
europea a 27, comprese dunque le new entry dell'Est, è dell'1,8 per cento.
Secondo il Rapporto 2009 del Cotec di Torino, fondazione per l'innovazione
tecnologica, la Germania è al 2,5 per cento, la Francia al 2,2, la Gran
Bretagna all'1,8: di recente siamo stati superati pure dalla Spagna. Siamo
lontanissimi da quanto stabilito negli accordi internazionali di Lisbona del
2000, che prevedevano il traguardo del 3 per cento di spesa in ricerca e
sviluppo entro il 2010. Abbiamo 2,8 ricercatori ogni 1.000 lavoratori,
mentre Francia e Germania ne contano 6,55.1 nostri brevetti sono la metà
di quelli francesi e cinque volte meno di quelli tedeschi.
Ad avere il braccio corto non sono tanto la pubblica amministrazione e
l'università, che spendono in ricerca quanto le istituzioni gemelle di tutti gli
Stati europei. A mancare sono principalmente i finanziamenti privati, quelli
delle aziende. L'effetto non cambia: i nostri istituti di ricerca sono
perennemente a caccia di quattrini. Che provengono da mille fonti e si
disperdono in mille rivoli. D'altronde in Italia manca un Piano nazionale
della ricerca: l'ultimo è scaduto nel 2007. Si sta faticosamente cercando di
metterne a punto uno nuovo, proiettato fino al 2013. Dovrebbe anche
riordinare i centri di ricerca, frammentati nelle competenze. E che in più
non si parlano o si guardano in cagnesco, tra gelosie e ricerca di sponsor
politici.
Così Luigi Paganetto, presidente dell'Enea, economista genovese
prestato alla scienza, ogni anno deve prendere il cappello in mano e