Page 144 - L'onorata società
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ridurre il potere ai rettori e alla casta professorale. Andrebbe introdotto un
nuovo sistema di reclutamento del corpo docente attraverso il ripristino di
veri concorsi su scala nazionale, in modo da evitare gli scandali delle
baronie e garantire che le cattedre vengano assegnate a chi le merita: non
a parenti, amici e amici degli amici. Occorrerebbe mettere a punto
meccanismi per premiare il merito: per i docenti, pagando di più i migliori e
agevolandone gli avanzamenti di carriera; per gli atenei, garantendo
maggiori risorse a quelli che si distinguono per qualità didattica
complessiva e attività di ricerca. Si dovrebbe riallacciare il rapporto tra
università e imprese, e più in generale con il mondo del lavoro, rapporto
perdutosi nel tempo persino per le classiche facoltà di Ingegneria ed
Economia, figurarsi per quanto riguarda i corsi di laurea strampalati creati
qui e là, del tutto privi di senso e di sbocchi occupazionali. Infine, piaccia o
no, sarebbe necessario tornare alla meritocrazia pure sul versante degli
studenti: come dire, basta con gli esamifici, proviamo a sfornare idee e
classe dirigente.
Riforme radicali. Chiarissime sulla carta, ben più difficili da realizzare.
Così, tra opposizioni ideologiche e difese di rendite di posizione, l'università
italiana è arrivata all'anno zero. All'istruzione riserviamo il 4,7 per cento del
Pil e già non è molto, se si considera che siamo al 15° posto in Europa. La
nostra spesa annua per studente è di 8.026 dollari, contro una media Ocse
di 11.512 (10.995 in Francia, 12.446 in Germania, 24.370 negli Stati Uniti).
Peccato che il 90 per cento dei soldi se ne vada per pagare gli stipendi al
personale. In compenso, abbiamo il primato di studenti per singolo
professore, 20,4, mentre nei Paesi dell'Ocse ci si ferma a 15,3 (17 in
Francia, 15,3 negli Stati Uniti, 12,4 in Germania). Nostro è anche il record
di abbandoni universitari: il 55 per cento, oltre 20 punti in più della media
Ocse, che è del 31 per cento.
Per numero complessivo di laureati siamo all'ultimo posto assoluto in
Europa: il censimento Istat del 2001 parlava di 3.480.535 "dottori",
corrispondenti al 6,5 per cento dell'intera popolazione. Ma l'elemento che
più ci penalizza è un altro: la bassa percentuale di laureati tra i giovani.
Nella fascia d'età compresa tra i 25 e i 34 anni siamo al 18,9 per cento, e
per fortuna che le donne toccano il 23 per cento, perché per gli uomini
dobbiamo accontentarci di un misero 14,8. Nell'Europa a 27 sprofondiamo.
Soltanto Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania stanno peggio di noi. In
vetta alla graduatoria dei cosiddetti "laureati strategici" si colloca
incredibilmente Cipro, con il 47 per cento. Ma usciamo nettamente sconfitti
anche dal confronto con le nazioni a noi concorrenti: la Francia è al 41,5
per cento, la Spagna al 38,9, la Gran Bretagna al 37,9, la Germania al 22,6.
I giovani scalpitano, si presentano più preparati delle generazioni