Page 142 - L'onorata società
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9. Deus ex cathedra







              I  matematici  di  tutto  il  mondo  si  interrogano  sul  paradosso
          dell'università  italiana.  Un'equazione  impossibile  da  risolvere.  Nel  2001  i
          professori ordinari erano 16.667. Nei cinque anni successivi 6 mila di loro

          sono andati in pensione. In ruolo sono entrati quasi 9 mila nuovi docenti.
          Una  bella  ventata  di  aria  fresca.  Senonché,  ecco  il  problema  di  pura
          matematica: com'è possibile che l'età media sia cresciuta? La quota degli
          over 55 è passata dal 58,1 al 66,2 per cento e gli ultrasessantacinquenni

          sono aumentati del 49,8 per cento. Alla faccia del ricambio generazionale.
          Ora  sorge  una  questione  ancora  più  inquietante.  Giulio  Tremonti  ha
          smontato, per ragioni di bilancio, la regola che prevedeva, al compimento
          dei 70 anni, il prolungamento praticamente automatico della cattedra per

          un  biennio.  Un  migliaio  di  professori  si  sono  già  visti  recapitare  la
          comunicazione con l'invito a rimanere a casa dal 31 ottobre 2009. In totale,
          entro i prossimi tre anni, ne dovrebbero uscire 4 mila. Si risparmierebbero
          tra i 600 e gli 800 milioni. Ma sarà proprio vero? Che cosa succederà nei

          nostri atenei? Che ai pensionati subentreranno altrettanti pensionandi?
              La trentaseienne Mariastella Gelmini, agguerrita ministro dell'Istruzione,
          dell'Università  e  della  Ricerca  scientifica,  ce  la  sta  mettendo  tutta  per
          cambiare, dopo la scuola superiore, il nostro sistema universitario. Con le

          sue battaglie e soprattutto con le sue dichiarazioni deflagranti contro gli
          sprechi,  i  nullafacenti,  il  meccanismo  delle  clientele  e  delle  parentele,  è
          riuscita a farsi molti nemici: sindacati, corpo accademico, studenti. Uniti in
          un'onda anomala cresciuta all'insegna di sacri princìpi quali "no ai tagli" e

          "il diritto allo studio non si tocca". Ma che in realtà nasconde resistenze
          all'innovazione e interessi per mantenere le cose come stanno.
              Il primo effetto è stata una pioggia di ricorsi al Tar da parte di chi si
          vedrebbe  costretto  ad  abbandonare  la  cattedra  pur  sentendosi

          indispensabile e nel pieno del vigore fisico e intellettuale. Là dove i senati
          accademici  hanno  deciso  di  prendere  alla  lettera  la  disposizione  del
          pensionamento d'ufficio a 70 anni e di non ravvisare esigenze didattiche
          tali da giustificare l'eccezione alla regola, i baroni hanno fatto il diavolo a

          quattro. Molti per la prima volta hanno infilato l'elmetto e imbracciato le
          armi, sotto forma di ponderosi curriculum. Da Milano a Bologna, da Verona
          a  Bari,  i  ricorsi  al  Tar  si  sono  moltiplicati.  Con  sentenze,  ovviamente,
          contrastanti. L'ennesimo affaire all'italiana. Se poi si aggiunge che tutto ciò

          non servirà a svecchiare l'università e tanto meno a innalzare il livello della
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