Page 14 - L'onorata società
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si può dare loro torto quando sostengono che è difficile competere a livello
          internazionale dovendo fare i conti con una pressione fiscale da record. Va
          bene. Ma se, parallelamente, facessero un bell'esame di coscienza? Qual è
          la  visione  di  sviluppo  prevalente,  dopo  lo  tsunami  che  ha  sconvolto

          l'economia nel 2008? «La mia Confindustria non favorisce le aziende che
          vivono di sussidi e di protezioni» ha dichiarato Emma Marcegaglia, quasi a
          volere mettere le cose in chiaro. A sottolineare senza possibilità di equivoci
          da che parte vogliono stare l'associazione e il suo presidente, nel dualismo

          tra coloro che si muovono sul mercato e competono con le armi delle idee
          (a partire da quel 94,9 per cento di imprese con meno di dieci dipendenti)
          e chi, magari con fatturati miliardari, opera in settori chiusi, dove i risultati
          di bilancio sono garantiti. La spaccatura tra "mercatisti" e "protezionisti" è

          sempre  più  evidente.  Lo  dimostra  la  nomina  di  Alberto  Meomartini,
          presidente  di  Snam  Rete  Gas,  alla  guida  di  Assolombarda.  Emma
          Marcegaglia  non  ha  gradito  che  sia  stato  battuto  Alessandro  Spada,
          cresciuto con lei alla scuola critica e iperliberista dei Giovani Industriali. E

          ancor  meno  che  la  guida  della  maggiore  organizzazione  territoriale  di
          Confindustria sia andata non a un imprenditore privato bensì a un manager
          del  gruppo  Eni.  Sostenuto  a  spada  tratta  dall'amministratore  delegato
          Paolo  Scaroni,  che  i  bene  informati  vogliono  già  impegnato  nelle  grandi

          manovre  per  la  conquista  di  viale  dell'Astronomia,  sede  dell'associazione
          degli industriali.
              Quella  tra  fautori  della  libera  concorrenza  e  (sostanziali)  monopolisti
          non  è  l'unica  contraddizione.  Il  nostro  sistema  capitalistico  è  zavorrato

          anche  e  soprattutto  perché  ha  deciso  di  darsi  una  sorta  di  governo
          condominiale.  Che  si  regge  su  leggi  di  stampo  medievale:  i  soldi,
          naturalmente,  ma  pure  i  rapporti  assai  poco  trasparenti  con  il  potere
          politico, il controllo dei mass media, i vincoli di parentela e di "cordata". E,

          purtroppo,  la  corruzione  (vedi  Tangentopoli).  Nessuno  si  schioda  dalla
          stanza dei bottoni. Dove si decide chi, come e quando può entrare nel club
          esclusivo. «C'è una classe dirigente che si annida nella vetta della piramide
          e manda tutto il resto all'inferno», per citare le parole di Giuseppe De Rita,

          presidente  del  Censis.  Uno  scenario  in  cui  le  grandi  dinastie  rivendicano
          con orgoglio lo storico compito di custodi del sistema-Italia. Cambiano le
          generazioni, ma i nomi sono sempre gli stessi: i Ligresti, i Caltagirone, i
          Tronchetti  Provera,  i  Colaninno,  i  De  Benedetti,  i  Romiti,  i  Moratti,  i

          Pesenti. Pazienza se le risorse a disposizione diminuiscono di anno in anno:
          con il sistema delle scatole cinesi e un ferreo patto di sindacato tra "amici",
          il controllo societario è assicurato. La massa dei piccoli azionisti taccia e
          acconsenta. Non si chiama forse "parco buoi"?
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