Page 12 - L'onorata società
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posti di lavoro. Il Pil pro capite è nettamente al di sotto della media
dell'Unione europea, superiore soltanto a Grecia e Portogallo. La
produttività del lavoratore nel settore dell'industria non aumenta dal 1995.
Negli ultimi dieci anni la produzione industriale è calata del 4 per cento.
Non ci salva nemmeno il caro, vecchio export: la nostra quota sul totale
delle esportazioni mondiali è scesa dal 4,3 al 3,7 per cento. Colpa della
concorrenza cinese, è la litania degli imprenditori. La Germania, intanto,
dal 9,2 è salita al 9,6 per cento.
Ancora: il ministero dell'Economia valuta che durante il 2009 il totale
della spesa pubblica aumenterà di ben 3 punti, dal 49,3 al 52,2 per cento
del Pil, nel 2010 il debito pubblico toccherà il 118,2 per cento. In poche
parole, quando l'Italia uscirà dalla recessione si ritroverà con oltre metà del
proprio reddito impiegato per le uscite correnti, compresi i costi e gli
sperperi della pubblica amministrazione. La maggior parte di questo
incremento, secondo gli economisti riuniti intorno al sito lavoce.info, è da
imputare alla spesa per le pensioni. Ormai incidono sul Pil per il 14 per
cento, il doppio della media Ocse, l'organizzazione dei 30 Paesi più
industrializzati. Una cavalcata irresistibile, calcola la Ragioneria generale
dello Stato, che potrà essere fronteggiata solo da una crescita del Pil
nell'ordine del 2 per cento. Prospettiva, per il momento, improbabile.
«Dalla crisi verremo fuori più forti di prima» ripetono in coro il
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il ministro dell'Economia Giulio
Tremonti. Speriamo. Per riuscirci bisognerebbe come minimo puntare sulla
ricerca e l'innovazione. Macché. L'Italia spende in questo settore l'1,1 per
cento del Pil: siamo stati raggiunti e superati dalla Spagna, il Regno Unito
è all'1,8, la Francia al 2,1, la Germania al 2,5. Ma non è colpa degli
investimenti pubblici. Anzi, il nostro Stato stanzia più del resto d'Europa e
addirittura del Giappone. Sono gli imprenditori che impiegano nei laboratori
dell'innovazione la metà delle risorse dei colleghi inglesi, olandesi, irlandesi
e un quinto rispetto ai giapponesi. Eppure, l'evoluzione tecnologica sarà
sempre di più la chiave di crescita dell' economia. Specie nel dopo-crisi.
Quando per piazzare i prodotti non basterà prendere la valigetta e andare
alle fiere internazionali. Bisognerà lanciarsi su beni e servizi "ad alto valore
aggiunto". Lo ha spiegato chiaramente Innocenzo Cipolletta in una serie di
interventi sul «Sole 24 Ore», dove ama lasciare da parte la veste di
presidente delle Ferrovie per tornare a indossare i panni dell'economista:
nei Paesi industrializzati la crescita è dovuta a fenomeni di sostituzione di
prodotti già posseduti, e non perché si siano usurati, ma perché
l'innovazione tecnologica, nel frattempo, ha consentito di realizzarne di
talmente avanzati da rendere obsoleti e superati quelli che avevamo. Si
pensi alla musica, in pochi anni passata dal vecchio vinile al compact disc