Page 8 - L'onorata società
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spasmodica ossessione per la salvaguardia di privilegi ottocenteschi. Con
          l'attaccamento  al  potere  e  la  scarsa  apertura  verso  i  giovani.  Con  la
          disattenzione nei confronti della meritocrazia, alla quale si preferiscono il
          familismo,  lo  spirito  di  appartenenza  e  la  fedeltà  alla  cordata  vincente.

          Eccola, la società civile dei vari Leopardi, Abbascià, Pedrizzi. Meglio, molto
          meglio, giocare su terreni protetti. E semmai cercare sponde nella tanto
          odiata-bistrattata politica. Venire a patti con le sue regole. In nome di un
          obiettivo preciso: conservare lo status quo.

              È  l'Italia  con  gli  occhi  puntati  indietro,  rivolti  al  passato  invece  che
          avanti,  verso  la  modernizzazione,  la  competizione  globale,  la  società
          aperta. Ma attenzione: questa realtà non è semplicemente retaggio di un
          mondo che non esiste più. Produce danni e moltiplica i costi per il cittadino-

          consumatore. Che in Italia, finora, non ha potuto contare nemmeno sulla
          class  action,  l'azione  giudiziaria  collettiva,  lo  strumento  di  difesa  per
          eccellenza  di  fronte  agli  abusi  dei  potentati  di  turno,  esistente  in  tutti  i
          Paesi  occidentali:  da  noi  no,  la  legge  sulla class  action  è  stata

          costantemente rinviata, bloccata da mille discussioni su come annacquarla.
          Partirà, pare, nel gennaio 2010, ma non avrà effetti retroattivi, cioè terrà
          fuori i grandi crac che hanno inghiottito i risparmi di decine di migliaia di
          cittadini: bond argentini, Cirio, Parmalat.

              Luigi Einaudi insegnava: «La concorrenza è progresso». Per risposta, nel
          2008, a mezzo secolo dalla sua morte, l'Antitrust, o come si chiama da noi
          l'Autorità  garante  della  concorrenza  e  del  mercato,  ha  ricevuto  3  mila
          richieste d'intervento, il 75 per cento in più del 2007. Ha portato a termine

          6 istruttorie per intese commerciali atte a ridurre la concorrenza (compresa
          quella  sul  prezzo  del  pane),  10  procedimenti  per  abuso  di  posizione
          dominante (uno dei quali coinvolgeva le Poste) e ben 842 analisi su casi di
          concentrazione  societaria.  A  ciò  si  sono  aggiunti  243  accertamenti  (su

          2.781 segnalazioni) per pubblicità ingannevole o scorretta. Nel complesso
          ha comminato multe per 52 milioni. Un'attività che la dice lunga su come
          sia  necessario  tenere  le  antenne  ben  dritte  davanti  ai  "furbetti  del
          mercatino".  I  troppi  personaggi  che  predicano  bene  e  razzolano  male.

          Quelli  che  proclamano  i  sacri  princìpi  del  mercato  (il  merito,  le  pari
          opportunità, la trasparenza dei comportamenti, la chiarezza delle regole e
          il loro rispetto), ma all'atto pratico se ne fanno un baffo. Gente che mentre
          sogna  il  ritorno  al  sistema  di  protezioni  degli  anni  Sessanta  e  Settanta,

          «trasferisce  sui  consumatori  i  costi  della  crisi»,  come  ha  ben  riassunto  il
          presidente dell'Antitrust Antonio Catricalà.
              Già.  Questa  realtà  pesa  direttamente  sulle  nostre  tasche,  eccome.  Il
          Cermes-Bocconi (Centro di ricerca sui mercati e sui settori industriali), nel

          suo Osservatorio sulle liberalizzazioni, ha preso in considerazione sei aree
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