Page 6 - L'onorata società
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chi segue le cronache finanziarie, visto che è il secondo azionista del
«Corriere della Sera», dopo Mediobanca. Rotelli è il re della sanità privata
italiana, ma non si accontenta del suo istituto gioiello, il nuovo Policlinico di
San Donato Milanese, inaugurato in pompa magna il 19 maggio 2009 alla
presenza del premier Silvio Berlusconi. Il suo vero sogno è entrare nel
patto di sindacato, alias nella stanza dei bottoni, della maggiore casa
editrice e del maggiore quotidiano italiani, insieme con il gotha della
finanza e dell'industria di casa nostra. Allora sì che tutti saprebbero di che
pasta è fatto. Un salto di qualità di fronte all'opinione pubblica. Peccato che
intanto la signora Luisa abbia dovuto aspettare 420 giorni per una
mammografia. In un ospedale del Sud. Pubblico, naturalmente.
Tutto il potere alle castine
Hai voglia a dire che in Italia bisogna fare le riforme. Lo ha chiesto
esplicitamente Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, lo scorso
maggio, durante l'assemblea generale: «Il Paese è bloccato e c'è un unico
modo per venirne fuori: varare le riforme di cui ha bisogno». Lo ha ribadito,
attentissimo come al solito a dosare i toni, il governatore della Banca
d'Italia nel corso delle sue Considerazioni finali: «Adesso occorrono riforme
strutturali, altrimenti addio ripresa». Proprio così. Il grave è che ci si è
messa pure la Grande crisi del 2009. Su cui Draghi non ha nascosto nulla:
Pil in picchiata del 5 per cento, disoccupazione avviata verso il 10, tagli del
personale in almeno la metà delle aziende con più di 20 dipendenti, un
milione e 600 mila lavoratori senza cassa integrazione e ammortizzatori
sociali, cioè privi di paracadute in caso di licenziamento.
Piccolo particolare, le famose riforme, da tutti volute e continuamente
sbandierate, non si fanno mai. Colpa della politica, è la spiegazione
ricorrente. Della Casta, quella con la C maiuscola, impegnata in una
strenua lotta per l'autoconservazione. Pervicacemente protesa a tenersi le
poltrone (guai ad abolire le Province, piuttosto se ne creano di nuove), a
mantenere i privilegi (dai portaborse al barbiere di Montecitorio), a
perpetuare gli sprechi (basti pensare alla poderosa flotta di auto blu). A
sua volta, la politica mette sotto accusa la magistratura, il contropotere
con troppo potere, accusata di faziosità, nella migliore delle ipotesi di
amministrare una giustizia ingiusta, forte con i deboli e debole con i forti.
Senza contare i no che dalla magistratura piovono su qualsiasi ipotesi di
cambiamento dell'ordinamento giudiziario. Al massimo, se si vuole andare
oltre, si può puntare l'indice sul terzo incomodo: il sindacato. Da 15 anni,
dall'accordo sulla cosiddetta politica dei redditi che ha avuto un ruolo