Page 135 - L'onorata società
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modifiche, che prevede la separazione di Snam Rete Gas, per risolvere
veramente, come già fatto nel settore elettrico, un conflitto di interessi
altrimenti ineliminabile».
Snam Rete Gas non è un giocattolino: possiede 31.500 chilometri di
metanodotti, 55 siti e 11 centrali di compressione. Inoltre, controlla
Italgas, il maggiore distributore di gas del Paese, e Stogit, sostanziale
monopolista nello stoccaggio. Il perfetto esempio di società a integrazione
verticale, capace di gestire l'intero ciclo, con un programma di investimenti
di 4 miliardi nei prossimi 4 anni.
Sul sito internet, dopo aver spiegato che ci troviamo di fronte al
«principale operatore per il trasporto e dispacciamento del gas naturale in
Italia e all'unico operatore italiano per la rigassificazione di gas naturale
liquefatto», si chiarisce immediatamente: «Obiettivo di Snam Rete Gas è la
creazione di valore in grado di soddisfare le attese degli azionisti». La
società è presieduta da Alberto Meomartini, laurea alla Bocconi, ex
"Reviglio boy" oggi sessantaduenne (lui, Giulio Tremonti, Domenico
Siniscalco e Franco Bernabò erano i giovani, scalpitanti assistenti di Franco
Reviglio, presidente storico dell'Eni ed ex ministro delle Finanze), uno che
ha passato in mezzo al gas metà della vita e che di capi dell'Eni ne ha visti
passare tanti. Fino a quel Paolo Scaroni che si è battuto come un leone per
la sua nomina a presidente di Assolombarda, sfidando le ire dell'uscente
Diana Bracco e del leader di Confindustria Emma Marcegaglia. Quanto a
valore per gli azionisti, be', Meomartini ne genera davvero molto. Su un
fatturato 2008 di 1,9 miliardi, l'utile netto di Snam Rete Gas è stato di 530
milioni (più 19,9 per cento sul 2007), tanto che è stato deciso di staccare
un dividendo di 0,23 euro per azione (più 9,5 per cento). Capito perché il
gioiello di famiglia non si tocca? Scaroni è insorto: «Su Snam Rete Gas non
cediamo». E a spalleggiarlo è arrivato il solito Scajola: «Ortis esula dalle
sue prerogative e crea difficoltà alle grandi imprese nazionali».
Scusate, ma non c'è l'esempio comunque positivo di Terna, la società
che gestisce 62 mila chilometri di impianti di trasmissione dell'elettricità,
settima al mondo per dimensione, scorporata dall'Enel? L'amministratore
delegato Flavio Cattaneo, ex direttore generale della Rai, ha nel cassetto
un piano decennale di investimenti per 6 miliardi, che si tradurrebbe in un
miliardo all'anno di risparmi per gli utenti. Il suo cruccio, pensate un po',
non è quello di non avere i quattrini, ma di non riuscire a spenderli.
«Qualcuno si prenda la responsabilità di spiegare perché i progetti non
vengono approvati» si è lamentato con «Panorama». Puntando l'indice
contro «la burocrazia, le procedure bizantine, le amministrazioni locali che
rappresentano un collo di bottiglia».
Certo, se alle resistenze dei vecchi monopolisti si sommano i localismi e