Page 130 - L'onorata società
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freschi. Benché l'Autorità si affretti a precisare che l'esperienza italiana è in
          linea con quella degli altri Paesi europei, a effettuare il fantomatico switch,
          non sono stati in molti. A dieci anni dall'avvio del mercato libero nel campo
          elettrico, voluto dal solito, immarcescibile Pier Luigi Bersani, e a due dalla

          sua completa attuazione, hanno cambiato venditore 3 milioni e 200 mila
          utenti. Per la precisione, 2 milioni di famiglie (il 7,1 per cento del totale) e
          un milione e 200 mila piccole imprese (il 15,6 per cento). Il tasso medio di
          variazione è dell'8,9 per cento. L'Enel conserva il 35 per cento del mercato.

          Mentre  i  concorrenti  hanno  scatenato  una  guerra  sul  Pod  (Point  of
          delivery), un codice composto da numeri e lettere che occorre comunicare
          in  caso  di  cambiamento  del  gestore,  ma  che  è  pressoché  irrintracciabile
          nonostante sia obbligatorio inserirlo nelle bollette. Per quanto riguarda il

          gas, i segnali sono addirittura sconfortanti. Dopo 7 anni dall'apertura del
          comparto, meno del 7 per cento dei clienti ha cambiato fornitore. Dato che
          scende  a  poco  più  del  4  per  cento  per  l'utenza  domestica.  Nel  2008  la
          percentuale  di  soggetti  che  ha  scelto  di  passare  al  mercato  libero  si  è

          fermata a un modestissimo 1,2 per cento. A farla da padrona continua a
          essere l'Eni, tra l'altro in lotta per l'abolizione degli attuali tetti di legge, 61
          per cento per le importazioni e 50 per le vendite sul mercato italiano.
              Che l'energia sia un ottimo affare è fuori discussione. Lo dimostrano le

          decine di società che si sono buttate sulla torta; molte, in verità, con quote
          esigue e offerte rivolte esclusivamente ai possessori di partita Iva e alle
          imprese. A parte i giganti, Enel, Eni, Edison, è significativo che pezzi da
          novanta del nostro capitalismo abbiano deciso di scommettere sul settore.

          Come  Carlo  De  Benedetti,  con  la  sua  Sorgenia,  guidata  oggi  dal  figlio
          Rodolfo, 2,5 miliardi di fatturato e una crescita del 30 per cento sul 2007. O
          come l'eterno rivale Cesare Romiti, che ha da poco fondato Errenergia, di
          cui  si  dovrebbe  occupare  il  primogenito  Maurizio.  In  aggiunta,  c'è  gran

          fermento  intorno  alle  vecchie  aziende  municipalizzate.  Basti  pensare  ad
          A2A, nata dalla fusione tra Aem di Milano e Asm di Brescia e cresciuta a
          colpi  di  ulteriori  acquisizioni  (Aspem  di  Varese).  Ma  in  A2A,  non  a  caso,
          sono  rapidamente  esplosi  i  conflitti  di  interesse:  la  società  è  azionista  e

          nello  stesso  tempo  concorrente  di  Edison.  Giuliano  Zuccoli,  al  vertice  di
          entrambe,  spinge  per  la  fusione;  i  francesi  di  Edf,  soci  chiave  di  Edison,
          frenano. Parallelamente, sono venuti fuori problemi di governance legati a
          beghe  politiche  e  alle  poltrone.  Banalmente:  chi  deve  comandare,  i

          milanesi o i bresciani?




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