Page 122 - L'onorata società
P. 122

verificare l'ipotesi di «abuso di posizione dominante nei mercati nazionali
          dell'accesso  alle  strutture  ferroviarie».  Tutto  parte  da  una  denuncia  di
          Nuovo trasporto viaggiatori, secondo cui Rfi, ovvero il gestore della rete,
          avrebbe «ritardato l'accesso e l'utilizzo del centro di manutenzione e delle

          infrastrutture  tecniche  dell'impianto  del  nodo  di  Napoli».  In  sostanza,
          l'Autorità  vuole  capire  se  le  Ferrovie,  attraverso  Rfi,  stiano  favorendo
          Trenitalia contro un concorrente. Una cosa risulta chiara: fino a quando non
          ci sarà una netta distinzione tra il proprietario della rete e i vari gestori dei

          servizi di trasporto, il mercato liberalizzato rischia di rimanere un castello di
          carta.




                                                 Che bella compagnia



          Qualcuno,  prima  o  poi,  dovrà  anche  fare  il  calcolo  di  quanti  soldi  ha
          risucchiato dalle nostre tasche Alitalia, in 19 anni di bilanci in perdita su un
          totale di 20. Solo negli ultimi 10, prima della privatizzazione di fine 2008,
          l'ex compagnia di bandiera, tra ricapitalizzazioni e prestiti, si è mangiata

          qualcosa  come  5  miliardi  e  187  milioni.  Una  montagna  di  denaro
          sperperata  in  malo  modo.  A  un  certo  punto,  scartabellando  tra  i  bilanci,
          sono venute fuori le spese per una sessantina di sedi estere tenute in vita
          unicamente  per  conservare  gli slot,  o  per  pura  inerzia.  Hong  Kong,  per

          esempio, dove Alitalia non fa più atterrare i suoi velivoli da parecchi anni:
          nel maggio 2009 si è scoperta l'esistenza di 15 dipendenti e di un conto di
          1.200 dollari al giorno in un lussuoso albergo. Il commissario della vecchia
          compagnia di bandiera, Augusto Fantozzi, ha ritrovato inoltre un deposito

          in attivo di 7 milioni e mezzo di euro in una banca locale. E pare ve ne
          siano  altri  sparsi  ai  quattro  angoli  del  globo,  specie  in  Sudamerica:  dal
          Brasile all'Argentina, al Venezuela.
              Una  gestione  scellerata.  Alitalia  è  stata  per  decenni  un  malato

          terminale al quale non si è mai voluto staccare la spina. Tutti (governi di
          destra  e  sinistra,  partiti,  sindacati)  impegnati  a  diverso  titolo  e  in  alcuni
          casi in modo spudorato a tenerlo in vita per interessi che nulla avevano a
          che vedere con quelli del malato e di noi cittadini. Nei primi anni Duemila,

          il consiglio di amministrazione della compagnia, che è arrivato a contare
          ben  17  poltrone,  ha  avuto  l'onore  di  registrare  tra  le  proprie  file  due
          senatori  in  carica:  Egidio  Enrico  Pedrini,  della  Margherita,  e  Giuseppe
          Consolo, di Alleanza nazionale. Nessuno ha avuto nulla da ridire.

              Difficile trovare al mondo una società che abbia bruciato nel corso degli
          anni  un  numero  così  alto  di  dirigenti.  Un  viavai  impressionante:  gente
          costretta a lasciare l'incarico prima della scadenza naturale del mandato,
   117   118   119   120   121   122   123   124   125   126   127