Page 104 - L'onorata società
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Affari  e  affarismo,  politica  incapace  di  decidere,  burocrazia  ottusa.  E
          interessi di pochi che prevalgono su quelli di tutti. Le grandi opere sono il
          settore in cui i mali del nostro Paese toccano il loro punto più alto. In ballo,
          una  torta  plurimiliardaria  che  scatena  appetiti  pantagruelici.  Il  comparto

          vale in termini di fatturato 19 miliardi all'anno. Le società interessate sono
          una cinquantina, ma dieci si spartiscono la metà del giro d'affari. Dietro a
          Impregilo, quasi 3 miliardi di ricavi nel 2008 (12 per cento in più sul 2007),
          si  collocano  la  Astaldi  dell'omonima  famiglia  romana  (1,5  miliardi  di

          fatturato),  la  Pizzarotti  di  Parma  (750  milioni),  la  Condotte  guidata  da
          Isabella  Bruno  Tolomei  (730  milioni),  la  Salini  (656  milioni).  Ma  anche
          cooperative come la Cmc, Cooperativa muratori e cementisti di Ravenna
          (650 milioni), e la Cmb, Cooperativa muratori e braccianti di Carpi, vicino

          Modena (475 milioni). Alla fine, come sempre, il conto lo pagano i cittadini.
          Ma attenzione, il danno non riguarda solamente il portafoglio. Sul terreno
          delle  infrastrutture,  dei  trasporti,  della  viabilità  è  in  gioco  la  pelle  delle
          persone.

              L'Italia ha un'orografia particolare, due terzi delle regioni sono ad alto
          rischio  sismico,  occorre  fare  i  conti  con  il  sistema  vulcanico  e  il  terreno
          franoso.  Il  tutto  condito  con  una  grande  densità  demografica.  Problemi
          antichi  e  noti.  Tuttavia,  poco  o  niente  è  cambiato  rispetto  agli  anni

          Sessanta, Settanta e Ottanta, quando il Paese è stato vittima di una serie
          di  terremoti,  inondazioni  e  calamità  naturali  che  pure  avrebbero  dovuto
          insegnare qualcosa.
              La California e il Giappone, per citare due casi concreti, si trovano nella

          nostra identica situazione, anche peggiore. Solo che da quelle parti sono
          perfettamente  consapevoli  di  essere  seduti  sopra  una  sorta  di  bomba  a
          orologeria.  Gli  esperti  temono  un  sisma  di  proporzioni  devastanti  nei
          prossimi trent'anni? Loro si preparano. Visto che le catastrofi naturali non si

          possono  prevedere,  stanno  facendo  sforzi  giganteschi  per  contenerne  le
          conseguenze.  Il  Giappone  da  tempo  ha  imposto  una  serie  di  misure  nel
          campo delle costruzioni: speciali cuscinetti alla base degli edifici, utilizzo di
          un acciaio molto più elastico del normale, pilastri avvolti da una fibra di

          carbonio  che  li  rende  maggiormente  resistenti  alle  fratture,  apparecchi
          detti "dissipatori" che assomigliano agli ammortizzatori dell'auto e vengono
          disposti tra un piano e l'altro. Rui Pinho, professore di Meccanica strutturale
          all'università  di  Pavia,  e  responsabile  del  settore  rischio  sismico

          all'European Centre for Training and Research in Earthquake Engineering, è
          fermamente  convinto:  «Non  esiste  terremoto  in  grado  di  far  crollare  un
          palazzo  costruito  adottando  alla  lettera  i  dispositivi  dell'ingegneria
          antisismica».

              Una  scossa  del  settimo  grado  in  Giappone  provocherebbe  una
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