Page 102 - L'onorata società
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dote che gli Agnelli hanno dato a Cesare Romiti», amministratore delegato
          in uscita dal gruppo torinese. Sotto la regia di Romiti, Impregilo cresce e si
          sviluppa  in  ogni  continente.  Diventa  un  gigante  delle  costruzioni.  Nel
          biennio  2002-2003,  però,  i  suoi  conti  finiscono  sotto  la  lente

          d'ingrandimento  della  Procura  di  Monza.  Il  pubblico  ministero  Walter
          Mapelli  parte  dall'analisi  di  crediti  per  100-120  milioni  della  controllata
          Impresar per una diga costruita a Mosul, in Iraq, e formalizza le accuse di
          falso in bilancio, false comunicazioni sociali e aggiotaggio. Si va a giudizio,

          tuttora  in  corso.  Intorno  a  queste  vicende  si  crea  un  clamore  che
          contribuisce al crollo del titolo in Borsa. Si entra in una fase di crisi fino al
          2005 quando, sotto la regia di Mediobanca, Romiti si fa da parte e viene
          sostituito  da  una  triade  composta  dalle  famiglie  Benetton,  Ligresti  e

          Marcellino Gavio: un terzo a testa.
              È l'epoca della prima emergenza rifiuti a Napoli. Si inizia a parlare di
          inceneritori  e  di  altri  impianti  per  bruciare  rifiuti.  Un'azienda  campana
          controllata da Impregilo si aggiudica alcuni appalti che non vengono portati

          a termine. I magistrati lanciano l'accusa di truffa ai danni dello Stato. Le
          inadempienze sono talmente numerose che nell'estate 2007 procedono al
          sequestro di beni per un valore di 750 milioni e interdicono per un anno
          Impregilo dai rapporti con la pubblica amministrazione.

              Acqua  passata.  Le  cronache  recenti  raccontano  di  un  presidente  del
          Consiglio,  Silvio  Berlusconi,  fiero  e  raggiante  ad  Acerra,  il  giorno
          dell'inaugurazione del termovalorizzatore che, salvo ulteriori inconvenienti
          tecnici  e  guai  giudiziari,  dovrebbe  consentire  di  smaltire  600  mila

          tonnellate  di  rifiuti.  Il  premier  include  Impregilo  tra  gli  "eroi"  che  hanno
          contribuito al miracolo. Accanto a lui, un personaggio sconosciuto al grande
          pubblico,  Massimo  Ponzellini,  presidente  della  società.  Felice  come  una
          pasqua,  con  i  suoi  classici  occhiali  in  stile  Onassis,  Ponzellini  si  gusta  la

          rivincita e rilancia: «Con lei al nostro fianco, caro presidente, vinceremo le
          sfide del ponte sullo Stretto e della Salerno-Reggio Calabria».
              Di origini varesine, sposato con Maria Segafredo, la signora del caffè, il
          cui  nome  porta  tatuato  sul  braccio,  Ponzellini  è  un  uomo  abituato  a

          districarsi  in  situazioni  difficili.  Agli  inizi  della  carriera  è  molto  vicino  a
          Romano Prodi. Il padre Giulio, per quarant'anni alla Banca d'Italia con ruoli
          di  primo  piano,  vanta  uno  stretto  rapporto  con  il  Professore.  Massimo
          muove  i  primi  passi  in  Nomisma,  il  centro  studi  bolognese  che  Prodi  ha

          fondato  e  visto  crescere,  per  passare  all'Iri  in  qualità  di  assistente  e
          successivamente di dirigente, con una marea di incarichi nelle numerose
          società controllate. Impara alla perfezione l'arte di barcamenarsi tra fazioni
          opposte. Passa dall'amicizia con Prodi a quelle con Pier Ferdinando Casini e

          con Giulio Tremonti. Dopo una parentesi di cinque anni alla Bers di Londra
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