Page 88 - Gomorra
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giornata  benissimo.  Mi  svegliai  con  un  imbarazzo  tremendo  poiché  dal  pigiama,
            indossato  senza  mutande,  penzolava  una  chiara  erezione  non  voluta.  Quella  classica
            della  mattina,  impossibile  da  dissimulare.  Mi  ricordo  quest'episodio  perché  mentre
            stavo andando a scuola m'imbattei in un cadavere nella mia stessa situazione. Eravamo
            in cinque, con gli zainoni carichi di libri. Avevano crivellato una Alfetta e sulla strada
            per la scuola ce la trovammo davanti. I miei compagni si catapultarono curiosissimi a
            guardare. Si vedevano i piedi in aria su sediolino. H più temerario tra noi chiese a un

            carabiniere come mai dove si poggia la testa ci fossero i piedi. Il carabiniere non esitò
            a rispondere, come se non si fosse accorto di quanti anni aveva il suo interlocutore.

                 "I colpi di pioggia l'hanno fatto capotare..."


                 Ero  ragazzino,  ma  sapevo  che  colpi  di  pioggia  significava  colpi  di  mitra.  Quel
            camorrista ne aveva presi talmente tanti che il corpo si era capovolto. Testa in giù e
            piedi all'aria. Poi i carabinieri aprirono lo sportello, il cadavere cadde a terra come un
            ghiacciolo squagliato. Noi guardavamo indisturbati, senza che nessuno ci dicesse che
            non era spettacolo per bambini. Senza nessuna mano morale che ci venisse a coprire gli
            occhi. Il morto aveva un'erezione. Dal jeans attillato si vedeva chiaramente. E la cosa
            mi sconvolse. Fissai la scena per moltissimo tempo. Per giorni pensai a come potesse

            essere accaduto. A cosa stesse pensando, cosa stesse facendo prima di morire. Riempii
            i  miei  pomeriggi  cercando  di  ipotizzare  cosa  avesse  in  mente  prima  di  crepare;  fui
            tormentato sino a quando ebbi il coraggio di chiedere spiegazione e mi fu detto che
            l'erezione era una reazione comune nei cadaveri dei morti ammazzati. Quella mattina
            Linda,  una  ragazzina  del  nostro  gruppo,  appena  vide  il  cadavere  scivolare  dalla
            portiera  dell'auto,  iniziò  a  piangere  e  si  tirò  dietro  altri  due  ragazzi.  Un  pianto

            strozzato. Un giovane in borghese prese per i capelli il cadavere, gli sputò in faccia. E
            rivolgendosi a noi disse:

                 "No, e che piangete a fare? Questo era una chiavica, non è successo niente, va tutto
            bene. Non è successo niente. Non piangete..."

                 Da allora, alle scene della polizia scientifica con i guanti che cammina con passo

            felpato, attenta a non spostare polvere e bossoli, non sono mai più riuscito a crederci.
            Quando arrivo vicino ai corpi prima delle autoambulanze e fisso gli ultimi momenti di
            vita di chi si sta accorgendo di morire, mi viene sempre in mente il finale di Cuore di
            tenebra, quando una donna chiede a Marlowe, ormai tornato in patria, dell'uomo che ha
            amato, chiede cos'ha detto Kurtz prima di morire. E Marlowe mente. Risponde che ha

            chiesto  di  lei,  mentre  in  realtà  non  ha  pronunciato  nessuna  parola  dolce  e  nessun
            pensiero  prezioso.  Kurtz  ha  detto  solo:  "L'orrore".  Si  pensa  che  l'ultima  parola
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