Page 72 - Gomorra
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Ragazzi  a  cui  è  promessa  la  scalata  al  potere,  il  bottino,  la  crescita  economica  e
            sociale nel clan. La dirigenza del gruppo viene assunta dai figli di Paolo Di Lauro.
            Cosimo,  Marco  e  Ciro.  Cosimo,  con  grande  probabilità,  ha  intuito  che  rischierà  la
            morte o il carcere. Arresti e crisi economica. Ma la scelta è obbligata: o attendere
            lentamente di essere sconfitti dalla crescita di un clan nel proprio seno, o tentare di
            salvare gli affari, o almeno la propria pelle. Sconfitti nel potere economico significa
            immediatamente sconfitti anche nella carne.


                 È guerra. Nessuno comprende come si combatterà, ma tutti sanno con certezza che
            sarà terribile e lunga. La più spietata che il sud Italia abbia mai visto negli ultimi dieci
            anni. I Di Lauro hanno meno uomini, sono molto meno forti, molto meno organizzati. In
            passato  hanno  sempre  reagito  con  forza  a  scissioni  interne.  Scissioni  date  dalla

            gestione liberista che ad alcuni sembrava un lasciapassare per l'autonomia, per mettere
            su il proprio centro imprenditoriale. Una libertà invece quella del clan Di Lauro che
            viene  concessa  e  non  si  può  pretendere  di  possedere.  Nel  1992  il  vecchio  gruppo
            dirigente risolse la scissione di Antonio Rocco, capo-zona di Mugnano, al bar Fulmine,
            entrando armato di mitra e bombe a mano. Massacrarono cinque persone. Per salvarsi
            Rocco  si  pentì,  e  lo  Stato  accogliendo  la  sua  collaborazione  mise  sotto  protezione
            quasi duecento persone, tutte pronte a entrare nel mirino dei Di Lauro. Ma non servì a

            nulla il pentimento. Le dirigenze del sodalizio non furono scalfite dalle dichiarazioni
            del pentito.

                 Questa volta invece gli uomini di Cosimo Di Lauro iniziano a essere preoccupati,
            come  mostra  l'ordinanza  di  custodia  cautelare  in  carcere  emessa  dal  Tribunale  di
            Napoli  il  7  dicembre  2004.  Due  affiliati,  Luigi  Petrone  e  Salvatore  Tamburino,  si

            telefonano  e  commentano  la  dichiarazione  di  guerra  avvenuta  con  l'uccisione  di
            Montanino e Salerno.

                 Petrone: "Hanno ucciso a Fulvio".
                 Tamburino: "Ah...".
                 Petrone: "Hai capito?".


                 Inizia a prendere forma la strategia di lotta, quella dettata secondo Tamburino da
            Cosimo Di Lauro. Prenderli uno per uno, e massacrarli, se fosse stato necessario anche
            con le bombe.

                 Tamburino:  "Proprio  le  bombe,  proprio,  o  no?  Questo  ha  detto  Cosimino  mo  li

            mando a prendere a uno alla volta... li faccio... malamente, ha detto... tutti quanti...".
                 Petrone: "Quelli là... L'importante che ci sta la gente, che "faticano"...".
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