Page 76 - Gomorra
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che aveva scelto di stare con i clan e poi si era avvicinato agli Spagnoli. Era stata con
            lui qualche mese, tempo prima. Ma qualcuno li aveva visti abbracciati, magari sulla
            stessa Vespa. In auto assieme. Gennaro era stato condannato a morte, ma era riuscito a
            imboscarsi,  chissà  dove,  magari  in  qualche  garage  vicino  alla  strada  dove  hanno
            ammazzato Gelsomina. Non ha sentito la necessità di proteggerla perché non aveva più
            rapporti  con  lei.  Ma  i  clan  devono  colpire  e  gli  individui,  attraverso  le  loro
            conoscenze, parentele, persino gli affetti, divengono mappe. Mappe su cui iscrivere un

            messaggio. Il peggiore dei messaggi. Bisogna punire. Se qualcuno rimane impunito è un
            rischio  troppo  grande  che  legittima  la  possibilità  di  tradimento,  nuove  ipotesi  di
            scissioni. Colpire e nel modo più duro. Questo è l'ordine. Il resto vale zero. Allora i
            fedelissimi  di  Di  Lauro  vanno  da  Gelsomina,  la  incontrano  con  una  scusa.  La
            sequestrano, la picchiano a sangue, la torturano, le chiedono dov'è Gennaro. Lei non

            risponde. Forse non sa dove si trova, o preferisce subire lei quello che avrebbero fatto
            a lui. E così la massacrano. I camorristi mandati a fare il "servizio" forse erano carichi
            di  coca  o  forse  dovevano  essere  sobri  per  cercare  di  intuire  il  più  microscopico
            dettaglio. Ma è risaputo quali metodi usano per eliminare ogni sorta di resistenza, per
            annullare il più minuscolo afflato di umanità. Il fatto che il corpo fosse bruciato mi è
            sembrato un modo per cancellare le torture. Il corpo di una ragazza seviziata avrebbe
            generato  una  rabbia  cupa  in  tutti,  e  dal  quartiere  non  si  pretende  consenso,  ma

            certamente non ostilità. E allora bruciare, bruciare tutto. Le prove della morte non sono
            gravi.  Non  più  gravi  di  qualsiasi  altra  morte  in  guerra.  Ma  non  è  sostenibile
            immaginare come è avvenuta quella morte, come è stata compiuta quella tortura. Così
            tirando con il naso il muco dal petto e sputando riuscii a bloccare le immagini nella
            mia mente.


                 Gelsomina Verde, Mina: il diminutivo con cui veniva chiamata nel quartiere. La
            chiamano così anche i giornali quando cominciano a vezzeggiarla col senso di colpa
            del  giorno  dopo.  Sarebbe  stato  facile  non  distinguerla  dalla  carne  di  quelli  che  si
            ammazzano fra di loro. O, se fosse stata viva, continuare a considerarla la ragazza di un
            camorrista, una delle tante che accettano per i soldi o per il senso di importanza che ti
            dà. Nulla più che l'ennesima "signora" che gode della ricchezza del marito camorrista.
            Ma  il  "Saracino",  come  chiamano  Gennaro  Notturno,  è  agli  inizi.  Poi  sé  diventa

            capozona e controlla gli spacciatori, arriva a mille-duemila euro. Ma è una carriera
            lunga. Duemilacinquecento euro pare sia il prezzo per l'indennizzo di un omicidio. E
            poi se hai bisogno di togliere le tende perché i carabinieri ti stanno beccando, il clan ti
            paga un mese al nord Italia o all'estero. Anche lui forse sognava di diventare boss, di
            dominare su mezza Napoli e di investire in tutt'Europa.
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