Page 46 - Gomorra
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propria capacità economica divenendo interlocutori dei clan o loro indotti. Il tessuto
            della camorra si compone sia di gruppi che iniziano a succhiare come pidocchi voraci
            frenando ogni percorso economico e altri che invece come avanguardie velocissime
            spingono  il  proprio  business  verso  il  massimo  grado  di  sviluppo  e  commercio.  Tra
            queste due cinetiche opposte, eppure complementari, si slabbra e lacera l'epidermide
            della città. A Napoli la ferocia è la prassi più complicata e conveniente per cercare di
            diventare imprenditore vincente, l'aria da città in guerra che si assorbe da ogni poro ha

            l'odore rancido del sudore, come se le strade fossero delle palestre a cielo aperto dove
            esercitare  la  possibilità  di  saccheggiare,  rubare,  rapinare,  provare  la  ginnastica  del
            potere, lo spinning della crescita economica.

                 Il Sistema è cresciuto come una pasta messa a lievitare nei cassoni di legno della

            periferia. La politica comunale e regionale ha creduto di contrastarla nella misura in
            cui  non  faceva  affari  con  i  clan.  Ma  non  è  bastato.  Ha  trascurato  l'attenzione  al
            fenomeno,  sottovalutato  il  potere  delle  famiglie  considerandolo  come  un  degrado  di
            periferia, e così la Campania ha raggiunto il primato di comuni sotto osservazione per
            infiltrazione  camorristica.  Ben  settantuno  comuni  in  Campania  sono  stati  sciolti  dal
            1991 a oggi. Solo nella provincia di Napoli sono stati sciolti i consigli comunali di:
            Pozzuoli,  Quarto,  Marano,  Melito,  Portici,  Ottaviano,  San  Giuseppe  Vesuviano,  San

            Gennaro  Vesuviano,  Terzigno,  Calandrino,  Sant'Antimo,  Turino,  Crispano,
            Casamarciano, Nola, Liveri, Boscoreale, Poggiomarino, Pompei, Ercolano, Pimonte,
            Casola di Napoli, Sant'Antonio Abate, Santa Maria la Carità, Torre Annunziata, Torre
            del Greco, Volla, Brusciano, Acerra, Casoria, Pomigliano d'Arco, Frattamaggiore. Un
            numero elevatissimo che supera di molto i comuni sciolti nelle altre regioni italiane:
            quarantaquattro  in  Sicilia,  trentaquattro  in  Calabria,  sette  in  Puglia.  Soltanto  nove

            comuni  su  novantadue  della  provincia  di  Napoli  non  hanno  mai  avuto
            commissariamenti, inchieste, monitoraggi. Le aziende dei clan hanno determinato piani
            regolatori, si sono infiltrate nelle ASL, hanno acquistato terreni un attimo prima che
            fossero resi edificabili e poi costruito in subappalto centri commerciali, hanno imposto
            feste patronali e le proprie imprese multiservice, dalle mense alle ditte di pulizia, dai
            trasporti alla raccolta dei rifiuti.


                 Mai si era avuta una così grande e schiacciante presenza degli affari criminali nella
            vita  economica  di  un  territorio  come  negli  ultimi  dieci  anni  in  Campania.  I  clan  di
            camorra non hanno bisogno dei politici come i gruppi mafiosi siciliani, sono i politici
            che hanno necessità estrema del Sistema. Si è innescata in Campania una strategia che
            ha  lasciato  le  strutture  politiche  più  visibili  e  mediaticamente  più  esposte  immuni

            formalmente da connivenze e attiguità, ma in provincia, nei paesi dove i clan hanno
            bisogno  di  sostegni  militari,  di  coperture  alla  latitanza,  di  manovre  economiche  più
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