Page 40 - Gomorra
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Il Sistema
Era il Sistema ad aver alimentato il grande mercato internazionale dei vestiti,
l'enorme arcipelago dell'eleganza italiana. Ogni angolo del globo era stato raggiunto
dalle aziende, dagli uomini, dai prodotti del Sistema. Sistema, un termine qui a tutti
noto, ma che altrove resta ancora da decifrare, uno sconosciuto riferimento per chi non
conosce le dinamiche del potere dell'economia criminale. Camorra è una parola
inesistente, da sbirro. Usata dai magistrati e dai giornalisti, dagli sceneggiatori. È una
parola che fa sorridere gli affiliati, è un'indicazione generica, un termine da studiosi,
relegato alla dimensione storica. Il termine con cui si definiscono gli appartenenti a un
clan è Sistema: "Appartengo al Sistema di Secondigliano". Un termine eloquente, un
meccanismo piuttosto che una struttura. L'organizzazione criminale coincide
direttamente con l'economia, la dialettica commerciale è l'ossatura del clan.
Il Sistema di Secondigliano governava ormai tutta la filiera dei tessuti, la periferia
di Napoli era il vero territorio produttivo, il vero centro imprenditoriale. Tutto quanto
altrove non era possibile pretendere per via delle rigidità dei contratti, della legge, del
copyright, a nord di Napoli si otteneva. La periferia strutturandosi intorno al potere
imprenditoriale del clan permetteva di macinare capitali astronomici, inimmaginabili
per qualsiasi agglomerato industriale legale. I clan avevano creato interi indotti
industriali di produzione tessile e di lavorazione di scarpe e di pelletteria in grado di
produrre vestiti, giacche, scarpe e camicie, identiche a quelle delle grandi case di
moda italiane.
Godevano sul territorio di una manodopera di elevatissima qualità formatasi in
decenni di lavoro sui grandi capi dell'alta moda, sui più importanti disegni degli stilisti
italiani ed europei. Le stesse maestranze che avevano lavorato in nero per le più
importanti griffe venivano assunte dai clan. Non solo la lavorazione era perfetta ma
persino i materiali erano i medesimi, venivano comprati direttamente sul mercato
cinese o erano quelli inviati dalle griffe alle fabbriche in nero che partecipavano alle
aste. Gli abiti contraffatti dei clan secondiglianesi quindi non erano la classica merce
tarocca, la pessima imitazione, il simile spacciato per autentico. Era una sorta di falso-
vero. Al capo mancava solo l'ultimo passaggio, l'autorizzazione della casa madre, il
suo marchio, ma quell'autorizzazione i clan se la prendevano senza chiedere niente a
nessuno. Il cliente, del resto, in ogni parte del mondo era interessato alla qualità e al