Page 37 - Gomorra
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squarciato la gola gettando il suo cadavere in fondo a un pozzo artesiano, lasciandolo
gonfiare di umido e acqua per giorni. Pasquale conosceva questa storia, ne era rimasto
sconvolto; ogni volta che teneva la sua lezione aveva infatti l'accortezza di andare dal
fratello di Zhang e chiedere come stava, se aveva bisogno di qualcosa e si sentiva
perennemente rispondere: "Niente, grazie".
Io e Pasquale legammo molto. Quando parlava dei tessuti sembrava un profeta. Nei
negozi era pignolissimo, non era possibile neanche passeggiare, si piantava davanti a
ogni vetrina insultando il taglio di una giacca, vergognandosi al posto del sarto per il
disegno di una gonna. Era capace di prevedere la durata della vita di un pantalone, di
una giacca, di un vestito. H numero esatto di lavaggi che avrebbero sopportato quei
tessuti prima di ammosciarsi addosso. Pasquale mi iniziò al complicato mondo dei
tessuti. Avevo cominciato anche a frequentare casa sua. La sua famiglia, i suoi tre
bambini, sua moglie, mi davano allegria. Erano sempre attivi ma mai frenetici. Anche
quella sera i bambini più piccoli correvano per la casa scalzi. Ma senza fare chiasso.
Pasquale aveva acceso la televisione, cambiando i vari canali era rimasto immobile
davanti allo schermo, aveva strizzato gli occhi sull'immagine come un miope, anche se
ci vedeva benissimo. Nessuno stava parlando ma il silenzio sembrò farsi più denso.
Luisa, la moglie, intuì qualcosa, perché si avvicinò alla televisione e si mise le mani
sulla bocca, come quando si assiste a una cosa grave e si tappa un urlo. In tv Angelina
Jolie calpestava la passerella della notte degli Oscar indossando un completo di raso
bianco, bellissimo. Uno di quelli su misura, di quelli che gli stilisti italiani,
contendendosele, offrono alle star. Quel vestito l'aveva cucito Pasquale in una fabbrica
in nero ad Arzano. Gli avevano detto solo: "Questo va in America". Pasquale aveva
lavorato su centinaia di vestiti andati negli USA. Si ricordava bene quel tailleur
bianco. Si ricordava ancora le misure, tutte le misure. Il taglio del collo, i millimetri
dei polsi. E il pantalone. Aveva passato le mani nei tubi delle gambe e ricordava
ancora il corpo nudo che ogni sarto immagina. Un nudo senza erotismo, disegnato nelle
sue fasce muscolari, nelle sue ceramiche d'ossa. Un nudo da vestire, una mediazione tra
muscolo, ossa e portamento. Era andato a prendersi la stoffa al porto, lo ricordava
ancora bene quel giorno. Gliene avevano commissionati tre, di vestiti, senza dirgli
altro. Sapevano a chi erano destinati, ma nessuno l'aveva avvertito.
In Giappone il sarto della sposa dell'erede al trono aveva ricevuto un rinfresco di
Stato; un giornale berlinese aveva dedicato sei pagine al sarto del primo cancelliere
donna tedesco. Pagine in cui si parlava di qualità artigianale, di fantasia, di eleganza.
Pasquale aveva una rabbia, ma una rabbia impossibile da cacciare fuori. Eppure la
soddisfazione è un diritto, se esiste un merito questo dev'essere riconosciuto. Sentiva in
fondo, in qualche parte del fegato o dello stomaco, di aver fatto un ottimo lavoro e