Page 35 - Gomorra
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Non  capivo.  Continuavo  a  non  capire.  Intervenne  Xian  col  suo  solito  tono
            tranquillizzante.

                 "Pasquale ci aiuta a imparare. A imparare a lavorare sui capi di qualità che ancora
            non ci affidano. Impariamo da lui come fare i vestiti..."

                 Il Minotauro, dopo la sintesi di Xian, cercò di motivare la pistola:


                 "Allora... una volta uno è sbucato lì, proprio lì vedi, in mezzo alla piazza, e ha
            sparato  contro  la  macchina.  Hanno  colpito  il  motore  e  il  tergicristalli.  Se  volevano
            farci fuori ci facevano fuori. Ma era un avvertimento. Se lo rifanno questa volta però
            sono pronto."


                 Il Minotauro poi mi spiegò che quando si guida tenere la pistola tra le cosce è la
            tecnica  migliore,  poggiarla  sul  cruscotto  rallenterebbe  i  gesti,  i  movimenti  per
            prenderla. Per arrivare a Terzigno la strada era in salita, la frizione gettava un odore
            puzzolentissimo. Piuttosto che temere per qualche sventagliata di mitra temevo che il
            rinculo  dell'auto  potesse  far  sparare  la  pistola  nello  scroto  dell'autista.  Arrivammo
            tranquillamente. Appena ferma la macchina Xian andò ad aprire il cofano. Pasquale

            uscì. Sembrava un kleenex appallottolato che tentava di stiracchiarsi. Mi si avvicinò e
            disse:

                 "Ogni volta questa storia, manco fossi un latitante. Però meglio che non mi vedono
            in macchina. Altrimenti..."


                 E fece il gesto della lama sulla gola. Il capannone era grande. Non enorme. Xian
            me  lo  descriveva  orgoglioso.  Era  di  sua  proprietà,  ma  all'interno  c'erano  nove
            microfabbriche affidate a nove imprenditori cinesi. Entrando infatti sembrava di vedere
            una scacchiera. Ogni singola fabbrica aveva i propri operai e i propri banchi da lavoro
            ben  circoscritti  nei  quadrati.  A  ogni  fabbrica  Xian  aveva  concesso  lo  stesso  spazio
            delle fabbriche di Las Vegas. Ogni appalto lo concedeva per asta. Il metodo era lo
            stesso. Aveva deciso di non far stare i bambini nella zona di lavorazione, e i turni li

            aveva organizzati come facevano le fabbriche italiane. In più, quando lavoravano per
            altre aziende, non chiedevano liquidità anticipata. Xian insomma stava diventando un
            vero e proprio imprenditore della moda italiana.

                 Le fabbriche cinesi in Cina stavano facendo concorrenza alle fabbriche cinesi in

            Italia.  E  così  Prato,  Roma,  e  le  China-town  di  mezza  Italia  stavano  crollando
            miseramente:  avevano  avuto  un  boom  di  crescita  così  veloce  da  rendere  la  caduta
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