Page 38 - Gomorra
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voleva  poterlo  dire.  Sapeva  di  meritarsi  qualcos'altro.  Ma  non  gli  era  stato  detto
            niente. Se n'era accorto per caso, per errore. Una rabbia fine a se stessa, che spunta
            carica di ragioni ma di queste non può far nulla. Non avrebbe potuto dirlo a nessuno.
            Neanche  bisbigliarlo  davanti  al  giornale  del  giorno  dopo.  Non  poteva  dire  "Questo
            vestito l'ho fatto io". Nessuno avrebbe creduto a una cosa del genere. La notte degli
            Oscar, Angelina Jolie indossa un vestito fatto ad Arzano, da Pasquale. Il massimo e il
            minimo. Milioni di dollari e seicento euro al mese. Quando tutto ciò che è possibile è

            stato fatto, quando talento, bravura, maestria, impegno, vengono fusi in un'azione, in una
            prassi, quando tutto questo non serve a mutare nulla, allora viene voglia di stendersi a
            pancia  sotto  sul  nulla,  nel  nulla.  Sparire  lentamente,  farsi  passare  i  minuti  sopra,
            affondarci dentro come fossero sabbie mobili. Smettere di fare qualsiasi cosa. E tirare,
            tirare a respirare. Nient'altro. Tanto nulla può mutare condizione: nemmeno un vestito

            fatto ad Angelina Jolie e indossato la notte degli Oscar.

                 Pasquale uscì di casa, non si curò neanche di chiudere la porta. Luisa sapeva dove
            andava, sapeva che sarebbe andato a Secondigliano e sapeva chi andava a incontrare.
            Poi si buttò sul divano e immerse la faccia nel cuscino come una bambina. Non so
            perché, ma quando Luisa si mise a piangere mi vennero in mente i versi di Vittorio
            Bodini. Una poesia che raccontava delle strategie che usavano i contadini del sud per

            non partire soldati, per non riempire le trincee della Prima guerra, alla difesa di confini
            di cui ignoravano l'esistenza. Faceva così:

                 Al tempo dell'altra guerra contadini e contrabbandieri / si mettevano foglie di
            Xanti-Yaca sotto le ascelle / per cadere ammalati. / Le febbri artificiali, la malaria
            presunta / di cui tremavano e battevano i denti, / erano il loro giudizio / sui governi

            e la storia.

                 Il pianto di Luisa mi sembrò anch'esso un giudizio sul governo e sulla storia. Non
            uno sfogo. Non un dispiacere per una soddisfazione non celebrata. Mi è sembrato un
            capitolo emendato del Capitale di Marx, un paragrafo della Ricchezza delle Nazioni di
            Adam  Smith,  un  capoverso  della  Teoria  generale  dell'occupazione  di  John  Maynard
            Keynes, una nota dell'Etica protestante e lo spirito del capitalismo di Max Weber. Una

            pagina aggiunta o sottratta'. Dimenticata di scrivere o forse scritta continuamente ma
            non  nello  spazio  della  pagina.  Non  era  un  atto  disperato  ma  un'analisi.  Severa,
            dettagliata, precisa, argomentata. Mi immaginavo Pasquale per strada, a battere i piedi
            per terra come quando ci si toglie la neve dagli scarponi. Come un bambino che si
            stupisce del perché la vita dev'essere tanto dolorosa. Sino ad allora ci era riuscito. Era

            riuscito a trattenersi, a fare il suo mestiere, a volerlo fare. E a farlo come nessun altro.
            Ma in quel momento, quando ha visto quel vestito, quel corpo muoversi dentro alle
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