Page 34 - Gomorra
P. 34

osservare il buco, tenerlo davanti insomma, dà una sensazione strana. Una pesantezza
            ansiosa. Come avere la verità sullo stomaco.

                 Tra  gli  operai  dell'imprenditore  vincente  ne  incontrai  uno  particolarmente  abile.
            Pasquale. Aveva una figura allampanata. Alto, magrissimo e un po' "scuffato": la sua
            altezza si piegava sulle spalle, dietro il collo. Un fisico a uncino. Lavorava su capi e
            disegni spediti direttamente dagli stilisti. Modelli inviati solo per le sue mani. Il suo

            stipendio non fluttuava ma variavano gli incarichi. In qualche modo aveva una certa
            aria  di  soddisfazione.  Pasquale  mi  divenne  simpatico  subito.  Appena  fissai  il  suo
            nasone. Aveva una faccia anziana, anche se era un ragazzone. Una faccia ficcata sempre
            tra forbici, tagli di stoffe, polpastrelli strusciati sulle cuciture. Pasquale era uno dei
            pochi che poteva comprare direttamente la stoffa. Alcune griffe - fidandosi della sua

            capacità - gli facevano ordinare direttamente i materiali dalla Cina, e lui stesso poi ne
            verificava la qualità. Per questo motivo Xian e Pasquale si erano conosciuti. Al porto
            dove una volta ci trovammo a mangiare insieme. Finito il pranzo Xian e Pasquale si
            salutarono e noi subito salimmo in macchina. Stavamo andando verso il Vesuvio. Di
            solito si rappresentano i vulcani con colori scuri. Il Vesuvio è verde. Un manto infinito
            di muschio, sembra a vederlo da lontano. Prima però di prendere la strada per i paesi
            vesuviani, l'auto entrò nell'androne di una casa. Lì c'era Pasquale ad aspettarci. Non

            capivo  cosa  stesse  accadendo.  Uscì  dalla  sua  auto  e  direttamente  si  ficcò  nel
            portabagagli dell'auto di Xian. Tentai di chiedere spiegazioni:

                 "Cosa succede? Perché nel cofano?"
                 "Non preoccuparti. Adesso andiamo a Terzigno, alla fabbrica."


                 Alla  guida  si  mise  una  specie  di  Minotauro.  Era  uscito  dall'auto  di  Pasquale  e
            sembrava  sapesse  a  memoria  cosa  fare.  Fece  marcia  indietro,  uscì  dal  cancello,  e
            prima di immettersi sulla strada cacciò una pistola. Una semiautomatica. Scarrellò e se
            la  mise  tra  le  gambe.  Io  non  fiatai,  ma  il  Minotauro,  guardando  nello  specchietto
            retrovisore, vedeva che lo fissavo preoccupato:

                 "Una volta ci stavano facendo la pelle."

                 "Ma chi?"

                 Cercavo di farmi spiegare tutto dall'inizio.

                 "Sono  quelli  che  non  vogliono  che  i  cinesi  imparino  a  lavorare  sull'alta  moda.

            Quelli che dalla Cina vogliono le stoffe, punto e basta."
   29   30   31   32   33   34   35   36   37   38   39