Page 29 - Gomorra
P. 29
che celebrava la funzione, sapeva chi aveva di fronte. Sapeva anche che i ragazzini che
gli stavano intorno non avevano il timbro dell'innocenza.
"Oggi non è morto un eroe..."
Non aveva le mani aperte, come i preti quando leggono le parabole alla domenica.
Aveva i pugni chiusi. Assente qualsiasi tono d'omelia. Quando iniziò a parlare la sua
voce era rovinata da una raucedine strana, come quella che viene quando ti parli dentro
per troppo tempo. Parlava con un tono rabbioso, nessuna pena molle per la creatura,
non delegava niente.
Sembrava uno di quei preti sudamericani durante i moti di guerriglia in Salvador,
quando non ne potevano più di celebrare funerali di massacri e smettevano di
compatire, e iniziavano a urlare. Ma qui Romero nessuno lo conosce. Padre Mauro ha
un'energia rara. "Per quante responsabilità possiamo attribuire a Emanuele, restano i
suoi quindici anni. I figli delle famiglie che nascono in altri luoghi d'Italia a quell'età
vanno in piscina, a fare scuola di ballo. Qui non è così. Il Padreterno terrà conto del
fatto che l'errore è stato commesso da un ragazzo di quindici anni. Se quindici anni nel
sud Italia sono abbastanza per lavorare, decidere di rapinare, uccidere ed essere
uccisi, sono anche abbastanza per prendere responsabilità di tali cose".
Poi tirò forte col naso l'aria viziata della chiesa: "Ma quindici anni sono così pochi
che ci fanno vedere meglio cosa c'è dietro, e ci obbligano a distribuire la
responsabilità. Quindici anni è un'età che bussa alla coscienza di chi ciancia di
legalità, lavoro, impegno. Non bussa con le nocche, ma con le unghie".
Il parroco finì l'omelia. Nessuno capì fino in fondo cosa voleva dire, né c'erano
autorità o istituzioni. Il trambusto dei ragazzi divenne enorme. La bara uscì dalla
chiesa, quattro uomini la sorreggevano ma d'improvviso smise di poggiare sulle loro
spalle e iniziò a galleggiare sulla folla. Tutti la mantenevano con il palmo delle mani,
come si fa con le rock-star quando si catapultano dal palco sugli spettatori. Il feretro
ondeggiava nel lago di dita. Un corteo di ragazzi in moto si schierò vicino alla
macchina, la macchina lunga dei morti, pronta a trasportare Manu al cimitero.
Acceleravano. Col freno premuto. Il rombo dei motori fece da coro all'ultimo per corso
di Emanuele. Sgommando, lasciando ululare le marmitte. Sembrava volessero scortarlo
con quelle moto sino alle porte dell'oltretomba. In poco tempo un fumo denso e un
puzzo di benzina riempì ogni cosa e impregnò i vestiti. Tentai di entrare in sacrestia.
Volevo parlare a quel prete che aveva avuto parole roventi. Mi anticipò una donna.
Voleva