Page 27 - Gomorra
P. 27

volto sorridente di Manu. Comparve anche la cappella di Emanuele, tra le oltre venti
            che  i  fedeli  avevano  edificato  a  tutte  le  madonne  possibili,  una  per  ogni  anno  di
            disoccupazione. Il sindaco però non poteva sopportare che si edificasse un altare a un
            mariuo-lo,  e  mandò  una  ruspa  ad  abbatterlo.  In  un  attimo  il  cemento  tirato  su  si
            sbriciolò  come  un  lavoretto  di  Das.  In  pochi  minuti  si  sparse  la  voce  nel  Parco,  i
            ragazzi arrivarono con motorini e moto vicino alle ruspe. Nessuno pronunciava parola.
            Ma  tutti  fissavano  l'operaio  che  stava  muovendo  le  leve.  Con  il  carico  di  sguardi

            l'operaio si fermò, e fece cenno di guardare il maresciallo. Era lui che gli aveva dato
            l'ordine. Come un gesto per mostrare l'obiettivo della rabbia, per togliere il bersaglio
            dal  suo  petto.  Era  impaurito.  Si  chiuse  dentro.  Assediato.  In  un  attimo  iniziò  la
            guerriglia. L'operaio riuscì a scappare nella macchina della polizia. Presero a pugni e
            calci  la  ruspa,  svuotarono  le  bottiglie  di  birra  e  le  riempirono  con  la  benzina.

            Inclinarono  i  motorini  facendo  colare  il  carburante  nelle  bottiglie  direttamente  dai
            serbatoi. E presero a sassate i vetri di una scuola, vicino al Parco. Cade la cappella di
            Emanuele, deve cadere tutto il resto. Dai palazzi lanciavano piatti, vasi, posate. Poi le
            bottiglie  incendiarie  contro  la  polizia.  Misero  in  fila  i  cassonetti  come  barricate.
            Diedero  fuoco  a  tutto  quanto  potesse  prenderlo  e  diffonderlo.  Si  prepararono  alla
            guerriglia. Erano centinaia, potevano resistere a lungo. La rivolta si stava diffondendo,
            stava arrivando nei quartieri napoletani.


                 Ma poi giunse qualcuno, da non troppo lontano. Tutto era circondato da auto della
            polizia e dei carabinieri, ma un fuoristrada nero riuscì a superare le barricate. L'autista
            fece un cenno, qualcuno aprì la portiera e un gruppetto di rivoltosi entrò.

                 In poco più di due ore tutto venne smantellato. Si tolsero i fazzoletti dalla faccia,

            lasciarono  spegnere  le  barricate  di  spazzatura.  I  clan  erano  intervenuti,  ma  chissà
            quale. Parco Verde è una miniera per la manovalanza camorristica.

                 Qui  tutti  quelli  che  vogliono  raccolgono  le  leve  più  basse,  la  manovalanza  da
            pagare persino meno dei pusher nigeriani o albanesi. Tutti cercano i ragazzi di Parco
            Verde:  i  Casalesi,  i  Maliardo  di  Giugliano,  i  "tigrotti"  di  Crispano.  Divengono
            spacciatori  con  stipendi  senza  percentuali  sulle  vendite.  E  poi  autisti  e  pali,  a

            presidiare territori anche a chilometri di distanza da casa loro. E pur di lavorare non
            chiedono  il  rimborso  della  benzina.  Ragazzi  fidati,  scrupolosi  nel  loro  mestiere.  A
            volte finiscono nell'eroina. La droga dei miserabili. Qualcuno si salva, si arruola, entra
            nell'esercito e va lontano, qualche ragazza riesce ad andare via per non mettere più
            piede in questi luoghi. Quasi nessuno delle nuove generazioni viene affiliato. La parte

            maggiore lavora per i clan, ma non saranno mai camorristi. I clan non li vogliono, non
            li affiliano, li fanno lavorare sfruttando questa grande offerta.
   22   23   24   25   26   27   28   29   30   31   32