Page 26 - Gomorra
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giorno delle coppiette. E la Statale 87 era il luogo dove tutte le coppie della zona si
appartano. Una strada di merda, tra catrame rattoppato e microdiscariche. Ogni volta
che ci passo e vedo le coppiette penso che sia necessario dare fondo a tutta la propria
passione per riuscire a star bene in mezzo a tanto schifo. Proprio qui Emanuele e due
suoi amici si nascondevano, attendevano l'auto della coppia che parcheggiava, la luce
che si spegneva. Aspettavano qualche minuto dopo che la luce s'era spenta per farli
svestire, e nel momento di massima vulnerabilità arrivavano. Con il calcio della
pistola rompevano il finestrino e poi la puntavano sotto il naso del ragazzo. Ripulivano
le coppiette e se ne andavano nei weekend con decine di rapine fatte e cinquecento
euro in tasca: un bottino minuscolo che può avere il sapore del tesoro.
Capita però che una notte una pattuglia di carabinieri li intercetti.
Sono così imbecilli, Emanuele e i suoi compari, che non prevedono che fare
sempre le stesse mosse e rapinare sempre nelle stesse zone è il miglior modo per
essere arrestati. Le due auto si inseguono, si speronano, partono gli spari.
Poi tutto si ferma. In auto c'è Emanuele, colpito a morte. Aveva in mano una pistola,
e aveva fatto il gesto di puntarla contro i carabinieri. Lo ammazzarono con undici colpi
sparati in pochi secondi. Sparare undici colpi a bruciapelo solo per avere la pistola
puntata ed esser pronti a morire.
Sparare per uccidere e poi pensare d’essere uccisi. Gli altri due avevano fermato
l’auto. I proiettili erano entrati passando nell'auto come vento. Tutti calamitati dal
corpo di Emanuele.. I suoi amici avevano tentato di aprire gli sportelli, ma appena
avevano capito che Emanuele era morto si erano fermati. Avevano aperto le portiere
senza fare resistenza ai pugni in faccia che precedono ogni arresto. Emanuele era
incartocciato su se stesso, aveva in mano una pistola finta. Una di quelle riproduzioni
che una volta chiamavano scacciacani, usate in campagna per cacciare i branchi di
randagi dai pollai. Un giocattolo che veniva usato come fosse vero; del resto Emanuele
era un ragazzino che agiva come fosse un uomo maturo, sguardo spaventato che fingeva
d'essere spietato, la voglia di qualche spicciolo che fingeva essere brama di ricchezza.
Emanuele aveva quindici anni. Tutti lo chiamavano semplicemente Manu. Aveva una
faccia asciutta, scura e spigolosa, uno di quelli che ti immagini come archetipo di
ragazzino da non frequentare. Emanuele era un ragazzo su questo angolo di territorio
dove onore e rispetto non ti sono dati da pochi spiccioli, ma da come li ottieni.
Emanuele era parte di Parco Verde. E non c'è errore o crimine che possa cancellare la
priorità dell'appartenenza a certi luoghi che ti marchiano a fuoco. Avevano fatto una
colletta tutte le famiglie di Parco Verde. E avevano tirato su un piccolo mausoleo.
Dentro ci avevano messo una fotografia della Madonna dell'Arco e una cornice con il