Page 238 - Gomorra
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abbattere i costi e aumentare le quantità da appaltare. L'inchiesta "Re Mida" del 2003,
che prende il nome da una telefonata intercettata di un trafficante: "E noi appena
tocchiamo la monnezza la facciamo diventare oro", mostrava che ogni passaggio del
ciclo dei rifiuti riceveva la sua quota di profitto.
Quando ero in macchina con Franco ascoltavo le sue telefonate. Dava consulenze
immediate su come e dove smaltire i rifiuti tossici. Parlava di rame, arsenico,
mercurio, cadmio, piombo, cromo, nichel, cobalto, molibdeno, passava dai residui di
conceria a quelli ospedalieri, dai rifiuti urbani ai pneumatici, spiegava come trattarli,
aveva in mente interi elenchi di persone e siti di smaltimento a cui rivolgersi. Pensavo
ai veleni mischiati al compost, pensavo alle tombe per fusti ad alta tossicità scavate nel
corpo delle campagne. Divenivo pallido. Franco se n'accorgeva.
"Ti fa schifo questo mestiere? Robbe', ma lo sai che gli stakeholder hanno fatto
andare in Europa questo paese di merda? Lo sai o no? Ma lo sai quanti operai hanno
avuto il culo salvato dal fatto che io non facevo spendere un cazzo alle loro aziende?"
Franco era nato in un luogo che l'aveva addestrato bene, sin da bambino. Sapeva
che negli affari si guadagna o si perde - non c'è spazio per altro - e lui non voleva
perdere, né far perdere coloro per cui lavorava. Ciò che si diceva e mi diceva, le scuse
che si raccontava erano però dati feroci, una lettura inversa rispetto a come avevo sino
ad allora visto lo smaltimento dei rifiuti tossici. Unendo tutti i dati emersi dalle
inchieste condotte dalla Procura di Napoli e dalla Procura di Santa Maria Capua
Vetere dalla fine degli anni '90 a oggi, è possibile comprendere che il vantaggio
economico per le aziende che si sono rivolte a smaltitori della camorra è quantificabile
in cinquecento milioni di euro. Ero cosciente che le inchieste giudiziarie avevano
scoperto solo una percentuale parziale delle infrazioni e quindi mi veniva come una
vertigine. Molte aziende settentrionali erano riuscite a crescere, assumere, erano
riuscite a rendere competitivo l'intero tessuto industriale del paese al punto da poterlo
spingere in Europa, liberando le aziende dalla zavorra del costo dei rifiuti che gli era
stata alleggerita dai clan napoletani e casertani. Schiavone, Maliardo, Moccia,
Bidognetti, La Torre e tutte le altre famiglie avevano offerto un servizio criminale in
grado di rilanciare l'economia e renderla competitiva. L'operazione "Cassiopea" del
2003 dimostrò che ogni settimana partivano dal nord al sud quaranta Tir ricolmi di
rifiuti e - secondo la ricostruzione degli inquirenti - venivano sversati, seppelliti,
gettati, interrati cadmio, zinco, scarto di vernici, fanghi da depuratori, plastiche varie,
arsenico, prodotti delle acciaierie, piombo. La direttrice nord-sud era la strada
privilegiata dai trafficanti. Molte imprese venete e lombarde, attraverso gli
stakeholder, avevano adottato un territorio nel napoletano o nel casertano