Page 240 - Gomorra
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Già  nell'inchiesta  "Re  Mida"  diversi  trafficanti  stavano  tessendo  rapporti  per
            organizzare  un  traffico  di  rifiuti  in  Albania  e  in  Costarica.  Ma  ogni  canale  ormai  è
            diventato  possibile.  Traffici  verso  est,  verso  la  Romania,  dove  i  Casalesi  hanno
            centinaia e centinaia di ettari di terreno; o nei paesi africani, Mozambico, Somalia e
            Nigeria. Tutti paesi dove i clan hanno da sempre appoggi e contatti. Una delle cose che
            mi  sconvolgeva  era  vedere  i  volti  dei  colleghi  di  Franco,  i  visi  degli  stakeholder
            campani tesi e preoccupati i giorni dello tsunami. Appena osservavano le immagini del

            disastro  nei  telegiornali,  impallidivano.  Era  come  se  ognuno  di  loro  avesse  mogli,
            amanti e figli in pericolo. In realtà in pericolo c'era qualcosa di più prezioso: i loro
            affari.  A  causa  dell'onda  del  maremoto  infatti  vennero  trovati  sulle  spiagge  della
            Somalia,  tra  Obbia  e  Warsheik,  centinaia  di  fusti  stracolmi  di  rifiuti  pericolosi  o
            radioattivi intombati negli anni '80 e '90. L'attenzione avrebbe potuto bloccare i loro

            nuovi  traffici,  le  nuove  valvole  di  sfogo.  Ma  il  rischio  fu  subito  scongiurato.  Le
            campagne  di  beneficenza  per  i  profughi  distolsero  l'attenzione  sui  bidoni  di  veleni
            fuoriusciti dalla terra, che galleggiavano a fianco dei cadaveri. Il mare stesso stava
            divenendo  territorio  di  smaltimento  continuo.  Sempre  più  i  trafficanti  riempivano  le
            stive  delle  navi  di  rifiuti  e  poi,  simulando  un  incidente,  le  lasciavano  affondare.  Il
            guadagno era doppio. L'assicurazione pagava per l'incidente e i rifiuti si intombavano
            in mare, sul fondo.


                 Mentre  i  clan  trovavano  spazio  ovunque  per  i  rifiuti,  l'amministrazione  della
            regione Campania dopo dieci anni di commissariamento per infiltrazioni camorristiche
            non riusciva più a trovare il modo di smaltire la sua spazzatura. In Campania finivano
            illegalmente i rifiuti d'ogni parte d'Italia, mentre la monnezza campana nelle situazioni
            di emergenza veniva spedita in Germania a un prezzo di smaltimento cinquanta volte

            superiore a quello che la camorra proponeva ai suoi clienti. Le indagini segnalano che
            solo nel napoletano su diciotto ditte di raccoglimento rifiuti, quindici sono direttamente
            legate ai clan camorristici.

                 Il territorio è ingolfato di spazzatura, e sembra impossibile trovare soluzione. Per
            anni i rifiuti sono stati ammonticchiati in ecoballe, enormi cubi di spazzatura tritata e
            imballata  in  fasce  bianche.  Solo  per  smaltire  quelle  accumulate  sino  a  ora  ci

            vorrebbero cinquantasei anni. L'unica soluzione che sembra essere proposta è quella
            degli inceneritori. Come ad Acerra, che ha generato rivolte e proteste feroci che hanno
            censurato persino la semplice idea di un possibile inceneritore in quelle zone. Verso gli
            inceneritori i clan hanno un atteggiamento ambivalente. Da un lato sono contrari, poiché
            vorrebbero continuare a vivere di discariche e incendi, e l'emergenza permette in più di

            speculare sulle terre di smaltimento delle ecoballe, terre che loro stesso affittano; Nel
            caso però si dovesse realizzare l'inceneritore sono già pronti per entrare in subappalto
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