Page 216 - Gomorra
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Prima che arrivassero i pentiti nel clan, nessuno poteva immaginare il perimetro
illimitato d'affari dei mondragonesi. Tra gli amici di Rockefeller c'era anche un tale
Raffaele Acconcia, mondragonese di nascita e pure lui trapiantato in Olanda, titolare di
una catena di ristoranti, che secondo il pentito Stefano Piccirillo sarebbe un importante
narcotrafficante di caratura internazionale. Proprio in Olanda continua a nascondersi,
forse in qualche banca, la cassa del clan La Torre, milioni di euro fatturati attraverso
mediazioni e commerci che gli inquirenti non hanno mai trovato. In paese è divenuta
una sorta di simbolo di ricchezza assoluta questa presunta cassaforte della banca
olandese, che ha sostituito tutti i riferimenti della ricchezza internazionale. Non si dice
più "m'hai preso per la Banca d'Italia" ma "mi hai preso per la Banca d'Olanda".
Il clan La Torre con appoggi in Sudamerica e basi in Olanda aveva in mente di
dominare un traffico di coca sulla piazza romana. Roma, per tutte le famiglie
imprenditorial-camorristiche casertane, è il riferimento primo per il narcotraffico e per
gli investimenti in beni immobili. Roma diviene un'estensione della provincia
casertana. I La Torre potevano contare su rotte d'approvvigionamento che avevano la
loro base sulla costa domizia. Le ville sulla costa erano fondamentali per il traffico
prima di contrabbando di sigarette, poi di tutto quanto fosse merce. Da quelle parti
c'era la villa di Nino Manfredi. Andarono da lui esponenti del clan a chiedergli di
vendere la villa. Manfredi cercò in tutti i modi di opporsi, ma la sua casa si trovava in
un punto strategico per far attraccare i motoscafi, e le pressioni del clan aumentavano.
Non gli chiesero più di vendere, ma gli imposero di cedere a un prezzo stabilito da
loro. Manfredi si rivolse persino a un boss di Cosa Nostra, divulgando la notizia, nel
gennaio 1994, al GRL, ma i mondragonesi erano potenti e nessun siciliano tentò di
mediare con loro. Soltanto esponendosi in tv e attirando l'attenzione dei media
nazionali, l'attore riuscì a mostrare la pressione cui era stato sottoposto a causa degli
interessi strategici della camorra.
Il traffico di droga si accodava a tutti gli altri canali di commercio. Enzo
Boccolato, un cugino dei La Torre proprietario di un ristorante in Germania, aveva
deciso di investire nell'export di abbigliamento. Assieme ad Antonio La Torre e un
imprenditore libanese acquistavano vestiti in Puglia - essendo la produzione tessile
campana già monopolizzata dai clan di Secondigliano - e li rivendevano in Venezuela
tramite un mediatore, tal Alfredo, segnalato nelle indagini come uno dei più importanti
trafficanti di diamanti in Germania. Grazie ai clan camorristici campani i diamanti
divennero in poco tempo, per la loro alta variabilità di prezzo e al contempo per il
valore nominale che perennemente mantengono, il bene preferito per il riciclaggio del
danaro sporco. Enzo Boccolato era conosciuto negli aeroporti in Venezuela e a
Francoforte, aveva appoggi tra gli operatori del controllo merci, che con grande