Page 221 - Gomorra
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sono i migliori killer, quelli che più di rutti riescono a fare un lavoro pulito, senza
            rincorrere  il  proprio  obiettivo  mentre  urla  scappando.  In  silenzio,  quando  meno  se
            l'aspetta, gli si punta la canna della pistola alla nuca e si fa fuoco. Il boss voleva che le
            esecuzioni avvenissero in un'intimità amicale. Augusto La Torre non sopportava che la
            sua  persona  fosse  ridicolizzata,  non  voleva  che  qualcuno  pronunciando  il  suo  nome
            potesse associarci subito dopo una risata. Nessuno doveva osare.


                 Luigi Pellegrino, conosciuto da tutti come Gigiotto, era invece uno di quelli a cui
            piaceva spettegolare su tutto ciò che riguardava i potenti della sua città. Sono molti i
            ragazzi che in terra di camorra bisbigliano dei gusti sessuali dei boss, delle orge dei
            capizona,  delle  figlie  zoccole  degli  imprenditori  dei  clan.  Ma  in  genere  i  boss
            tollerano, hanno davvero altro a cui pensare e poi è inevitabile che sulla vita di chi

            comanda  si  inneschi  una  sorta  di  vero  e  proprio  gossip.  Gigiotto  spettegolava  sulla
            moglie del boss, raccontava in giro di averla vista incontrarsi con uno degli uomini più
            fidati  di  Augusto.  L'aveva  vista  accompagnata  agli  incontri  con  il  suo  amante
            dall'autista stesso del boss. Il numero uno dei La Torre, che tutto gestiva e controllava,
            aveva la moglie che gli faceva le corna sotto il naso e non se ne accorgeva. Gigiotto
            raccontava  i  suoi  pettegolezzi  con  varianti  sempre  più  dettagliate  e  sempre  diverse.
            Che  fosse  invenzione  o  meno,  in  paese  la  storiella  della  moglie  del  boss  che  se  la

            intendeva col braccio destro di suo marito ormai la raccontavano tutti e tutti erano bene
            attenti a citarne la fonte: Gigiotto. Un giorno Gigiotto stava camminando per il centro di
            Mondragone quando sentì il rumore di una motocicletta avvicinarsi un po' troppo al
            marciapiede. Appena intuì la decelerazione del motore, iniziò a scappare. Dalla moto
            partirono dei colpi ma Gigiotto, zigzagando tra pali della luce e persone, riuscì a far
            scaricare  l'intero  caricatore  al  killer  che  stava  ancorato  dietro  la  schiena  del

            motociclista. Il motociclista così dovette rincorrere a piedi Gigiotto che si era rifugiato
            in un bar tentando di nascondersi dietro al bancone. Tirò fuori la pistola e sparò alla
            testa  davanti  a  decine  di  persone  che  un  attimo  dopo  l'omicidio  si  dileguarono
            silenziose e veloci. Secondo le indagini, a volerlo eliminare fu il reggente del clan,
            Giuseppe Fragnoli, che senza neanche chiedere l'autorizzazione decise di togliere di
            mezzo la malalingua che tanto stava infangando l'immagine del boss.


                 Nella mente di Augusto, Mondragone, le sue campagne, la costa, il mare, dovevano
            essere soltanto un'officina d'impresa, un laboratorio a disposizione di lui e dei suoi
            imprenditori consorziati, un territorio da cui estrarre materia da frullare nel profitto
            delle sue aziende. Aveva imposto il divieto assoluto di spacciare droga a Mondragone
            e sulla costa domizia. L'ordine sommo che i boss casertani davano ai loro sottoposti e

            a chiunque. Il divieto nasceva da un motivo moralistico, quello di preservare i propri
            concittadini da eroina e cocaina, ma soprattutto per evitare che sul loro territorio la
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