Page 225 - Gomorra
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Il boss, pur se pentito, dal carcere dell'Aquila chiedeva anche danaro, aggirando i
controlli scriveva lettere di ordini e richieste che consegnava sempre al suo autista
Pietro Scuttini, e alla madre. Quelle richieste, secondo la magistratura, erano
estorsioni. Un biglietto dai toni cortesi, indirizzato al titolare di uno dei più grandi
caseifici della costa domizia, è la prova che Augusto continuava a ritenerlo a sua
disposizione.
"Caro Peppe ti chiedo un grosso favore perché sto rovinato, se vuoi aiutarmi, ma te
lo chiedo soltanto in nome della nostra vecchia amicizia e non per altri motivi e anche
se mi dirai di no, stai tranquillo ti salverò sempre! Mi servono urgentemente diecimila
euro e poi devi dirmi se puoi darmi mille euro al mese, mi servono per vivere con i
miei figli..."
Il tenore di vita a cui era abituata la famiglia La Torre andava ben oltre l'assistenza
economica che lo Stato garantisce ai collaboratori di giustizia. Riuscii a comprendere
il giro d'affari della famiglia solo dopo aver letto le carte del megasequestro eseguito
su disposizione della magistratura di Santa Maria Capua Vetere nel 1992.
Sequestrarono beni immobili per il valore attuale di circa duecentotrenta milioni di
euro, diciannove imprese per un valore di trecentoventitré milioni di euro, ai quali si
aggiunsero altri centotrentatré milioni di euro relativi agli impianti di lavorazione e ai
macchinari. Si trattava di numerosi opifici, ubicati tra Napoli e Gaeta, lungo la zona
domizia, tra i quali un caseificio, uno zuccherificio, quattro supermercati, nove ville sul
mare, fabbricati con annessi terreni, oltre a vetture di grossa cilindrata e motociclette.
Ogni azienda aveva circa sessanta dipendenti. I giudici disposero inoltre il sequestro
della società che aveva in appalto la raccolta dei rifiuti nel comune di Mondragone. Fu
un'operazione gigantesca che annullava un potere economico esponenziale, eppure
microscopico rispetto al reale giro d'affari del clan. Sequestrarono anche una villa
immensa, una villa la cui fama era arrivata anche ad Aberdeen. Quattro livelli a picco
sul mare, piscina arredata con un labirinto subacqueo, costruita in zona Ariana di
Gaeta, progettata come la villa di Tiberio, non il capostipite del clan di Mondragone,
ma l'imperatore che si era ritirato a governare a Capri. Non sono mai riuscito a entrare
in questa villa e la leggenda e le carte giudiziarie sono state le lenti attraverso cui ho
saputo dell'esistenza di questo mausoleo imperiale, posto a guardia delle proprietà
italiane del clan. La zona costiera avrebbe potuto essere una sorta di infinito spazio sul
mare, capace di concedere ogni sorta di fantasia all'architettura. Invece col tempo la
costa casertana è divenuta un'accozzaglia di case e villette costruite velocemente per
invogliare un turismo enorme dal basso Lazio a Napoli. Nessun piano regolatore sulla
costa domizia, nessuna licenza. Allora le villette da Castelvolturno a Mondragone sono
divenute i nuovi alloggi dove stivare decine di africani e i parchi progettati, le terre