Page 218 - Gomorra
P. 218

Augusto La Torre, del camorrista scozzese, dell'uomo che senza trovarsi in difficoltà
            alcuna e conoscendo bene soltanto la sintassi dell'azienda e la grammatica del potere,
            aveva sciolto residui legami con gli antichissimi clan delle Highlands per entrare in
            quello  di  Mondragone.  Intorno  ai  locali  dei  La  Torre  c'erano  sempre  gruppetti  di
            ragazzi  del  luogo;  non  erano  criminalotti  impigriti,  ammutinati  davanti  alle  pinte  di
            birra  in  attesa  di  qualche  scazzottata  o  scippo.  Erano  ragazzoni  svegli,  inseriti  a
            diverso  livello  nell'attività  delle  imprese  legali.  Trasporti,  pubblicità,  marketing.

            Chiedendo di Brandon non ricevevo sguardi ostili o risposte vaghe, come se avessi
            chiesto  di  un  affiliato  in  un  paese  del  napoletano.  Brandon  Queen  pareva  lo
            conoscessero da sempre, o molto probabilmente era soltanto divenuto una sorta di mito
            di  cui  tutte  le  lingue  parlano.  Queen  era  l'uomo  che  c'era  riuscito.  Non  soltanto  un
            dipendente come loro di ristoranti, ditte, negozi, agenzie immobiliari, un impiegato con

            stipendio sicuro. Brandon Queen era qualcosa di più, aveva realizzato il sogno di molti
            ragazzi  scozzesi;  non  semplicemente  prendere  parte  agli  indotti  legali,  ma  divenire
            parti  del  Sistema,  parti  operative  del  clan.  Divenire  camorristi  a  tutti  gli  effetti,
            nonostante lo svantaggio d'essere nati in Scozia e quindi credere che l'economia abbia
            un'unica strada, quella banale, di tutti, quella che tratta di regole e sconfitte, di mera
            concorrenza e di prezzi. Mi impressionava che nel mio inglese ingrassato di pronuncia
            italiana loro vedessero non l'emigrante, non la deformazione smilza di Jake La Motta,

            non il conterraneo di invasori criminali venuti a tirare danaro dalla loro terra, ma la
            traccia di una grammatica che conosce il potere assoluto dell'economia, quello in grado
            di  decidere  d'ogni  cosa  e  su  ogni  cosa,  capace  di  non  darsi  limiti  a  costo  anche
            dell'ergastolo  e  della  morte.  Sembrava  impossibile,  eppure  mentre  parlavano
            mostravano  di  conoscere  benissimo  Mondragone,  Secondigliano,  Marano,  Casal  di
            Principe, territori che gli erano stati raccontati come un'epica di un paese lontano da

            tutti i boss imprenditori transitati per quelle zone e per i ristoranti dove lavoravano.

                 Nascere in terra di camorra per quei miei coetanei scozzesi significava avere un
            vantaggio, portare su di sé un marchio impresso a fuoco che ti orientava a considerare
            l'esistenza un'arena dove l'imprenditoria, le armi, e persino la propria vita sono solo e
            esclusivamente un mezzo per raggiungere danaro e potere: ciò per cui vale la pena di
            esistere  e  respirare,  ciò  che  permette  di  vivere  al  centro  del  proprio  tempo,  senza

            dover  badare  ad  altro.  Brandon  Queen  c'era  riuscito  anche  non  nascendo  in  Italia,
            anche non avendo mai visto la Campania, anche senza percorrere chilometri in auto
            costeggiando cantieri, discariche e masserie di bufale. Era riuscito a divenire un uomo
            di potere vero, un camorrista.


                 Eppure questa grande organizzazione commerciale e finanziaria internazionale non
            aveva concesso flessibilità al clan nel controllo del territorio primo. A Mondragone,
   213   214   215   216   217   218   219   220   221   222   223