Page 219 - Gomorra
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Augusto La Torre aveva gestito il potere con grande severità. Per far diventare il
cartello così potente era stato spietato. Le armi, a centinaia, se le faceva arrivare dalla
Svizzera. Politicamente aveva alternato diverse fasi, grande presenza nella gestione
degli appalti poi soltanto alleanze, contatti sporadici, lasciando che si affermassero i
suoi affari e che fosse quindi la politica ad accodarsi alle sue imprese. Mondragone fu
il primo comune italiano a essere sciolto per infiltrazione camorristica negli anni '90.
Nel corso degli anni, politica e clan non si sono mai realmente slegate. Un latitante
napoletano aveva trovato ospitalità nel 2005 a casa di un candidato presente nella lista
civica del sindaco uscente. Nel consiglio comunale per lungo tempo è stata presente,
nel gruppo di maggioranza, la figlia un vigile urbano accusato di riscuotere tangenti per
conto dei La Torre.
Augusto era stato severo anche con i politici. Gli oppositori al business della
famiglia dovevano in ogni caso avere tutti punizioni esemplari e spietate. La modalità
per l'eliminazione fisica dei nemici di La Torre era sempre la stessa, al punto tale che
nel gergo criminale il metodo militare di Augusto si definisce ormai "alla
mondragonese". La tecnica consiste nell'occultare nei pozzi delle campagne i corpi
macellati da decine e decine di colpi e successivamente poi lanciare una bomba a
mano; in tal modo il corpo viene dilaniato e la terra rovina sui resti che si impantanano
nell'acqua. Così Augusto La Torre aveva fatto con Antonio Nugnes, vicesindaco
democristiano scomparso nel nulla nel 1990. Nugnes rappresentava un ostacolo alla
volontà del clan di gestire direttamente gli appalti pubblici comunali e di intervenire in
tutte le vicende politiche e amministrative. Non voleva alleati, Augusto La Torre,
voleva essere lui stesso in prima persona a gestire tutti gli affari possibili. Era una fase
in cui le scelte militari non venivano particolarmente ponderate. Prima si sparava e poi
si ragionava. Augusto era giovanissimo quando divenne il boss di Mondragone.
L'obiettivo di La Torre era quello di diventare azionista di una clinica privata in via di
costruzione: l'Incaldana di cui Nugnes possedeva un nutrito pacchetto azionario. Una
delle cliniche più prestigiose tra il Lazio e la Campania, a un passo da Roma, che
avrebbe attirato un bel po' di imprenditori del basso Lazio, risolvendo il problema
della mancanza di strutture ospedaliere efficienti sul litorale domizio e nell'agro
pontino. Augusto aveva imposto un nome al consiglio d'amministrazione della clinica,
il nome di un suo delfino anch'esso imprenditore del clan, arricchitosi con la gestione
di una discarica. Augusto voleva che fosse lui a rappresentare la famiglia. Nugnes si
oppose, aveva compreso che la strategia dei La Torre non sarebbe stata soltanto quella
di mettere un piede in un grosso affare, ma qualcosa di più. La Torre così mandò un suo
emissario dal vicesindaco cercando di ammorbidirlo, per convincerlo ad accettare le
sue condizioni di gestione economica degli affari. Per un politico democristiano non
era cosa scandalosa entrare in contatto con un boss, trattare con il suo potere