Page 207 - Gomorra
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Giuseppe e Romeo la ripetevano come nel film, e poi sparavano. Giuseppe aveva
            un  padre  camorrista,  prima  pentito,  poi  nuovamente  rientrato  nell'organizzazione  di
            Quadrano-De Falco sconfitta dagli Schiavone. Un perdente quindi. Ma aveva pensato
            che  recitando  la  parte  giusta,  il  film  della  sua  vita  forse  poteva  cambiare.  I  due
            conoscevano a memoria le battute, le parti salienti di ogni film criminale. La maggior
            parte  delle  volte  picchiavano  per  uno  sguardo.  Nelle  terre  di  camorra  lo  sguardo  è
            parte di territorio, è come un'invasione nelle proprie stanze, come sfondare la porta di

            casa di qualcuno ed entrare con violenza. Uno sguardo è persino qualcosa in più di un
            insulto. Attardarsi a fissare il viso di qualcuno è già in qualche modo un'aperta sfida:

                 "Ehi, ce l'hai con me? No, dico, ce l'hai con me?"


                 E dopo il famoso monologo di Taxi Driver partivano gli schiaffi e i pugni sullo
            sterno,  quelli  che  rimbombano  nella  cassa  toracica  e  si  sentono  anche  a  parecchia
            distanza.

                 I  boss  Casalesi  presero  seriamente  in  considerazione  il  problema  di  questi  due
            ragazzini.  Risse,  alterchi,  minacce,  non  erano  facilmente  tollerati:  troppe  madri
            nervose, troppe denunce. Così li fanno "avvertire" da qualche capozona che gli fa una

            sorta di richiamo all'ordine. Li raggiunge al bar e dice che stanno facendo perdere la
            pazienza ai capi. Ma Giuseppe e Romeo continuano il loro film immaginario, picchiano
            chi vogliono, pisciano nei serbatoi delle moto dei ragazzi del paese. Una seconda volta
            li "mandano a chiamare". I boss vogliono parlare direttamente con loro, il clan non può
            sopportare più questi atteggiamenti in paese, la tolleranza paternalistica, solita in questi
            territori, si muta in dovere di punizione, e così un "mazziatone" devono averlo, una

            violenta sculacciata pubblica per farli rigare dritto. Loro snobbano l'invito, continuano
            a  stare  al  bar  stravaccati,  attaccati  ai  videopoker,  i  pomeriggi  incollati  davanti  alla
            televisione  a  vedere  i  dvd  dei  loro  film,  ore  passate  a  imparare  a  memoria  frasi  e
            posture,  modi  di  dire  e  scarpe  da  indossare.  I  due  credono  di  potere  tener  testa  a
            chiunque.  Anche  a  chi  conta.  Anzi  sentono  che  proprio  tenendo  testa  a  chi  conta
            davvero potranno divenire realmente temuti. Senza porsi limite alcuno, come Tony e
            Manny in Scarface. Non mediano con nessuno, continuano le loro scorribande, le loro

            intimidazioni, lentamente sembrano diventare i viceré del casertano. I due ragazzini non
            avevano scelto di entrare nel clan. Non ci tentavano neanche. Era un percorso troppo
            lento  e  disciplinato,  una  gavetta  silenziosa  che  non  volevano  fare.  Da  anni  poi  i
            Casalesi  inserivano  quelli  che  valevano  veramente  nei  settori  economici
            dell'organizzazione,  e  non  certo  nella  struttura  militare.  Giuseppe  e  Romeo  erano  in

            completa antitesi con la figura del nuovo soldato di camorra. Si sentivano capaci di
            cavalcare l'onda della peggior fama dei loro paesi. Non erano affiliati, ma volevano
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