Page 203 - Gomorra
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vasca  in  camera,  e  soprattutto  le  scalinate  all'entrata,  sono  i  calchi  della  villa  di
            Scarface.

                 Mi aggiravo per quelle stanze annerite, mi sentivo il petto gonfio come se gli organi
            interni  fossero  diventati  un  unico,  grande  cuore.  Lo  sentivo  battere  in  ogni  parte  e
            sempre  più  forte.  La  saliva  mi  si  era  prosciugata  a  forza  di  fare  lunghi  respiri  per
            calmare  l'ansia.  Se  qualche  palo  del  clan  che  ancora  presidiava  la  villa  mi  avesse

            sorpreso mi avrebbe riempito di mazzate e avrei potuto anche strillare come un maiale
            sgozzato; nessuno avrebbe sentito. Ma evidentemente nessuno mi vide entrare o forse
            nessuno presidiava più la villa. Mi cresceva dentro una rabbia pulsante, mi passavano
            alla mente come un unico blob di visioni smontate le immagini degli amici emigrati,
            quelli  arruolati  nei  clan  e  quelli  nell'esercito,  i  pomeriggi  pigri  in  queste  terre  di

            deserto, l'assenza di ogni cosa tranne gli affari, i politici spugnati dalla corruzione e gli
            imperi che si edificavano nel nord dell'Italia e in mezz'Europa lasciando qui soltanto
            monnezza  e  diossina.  E  mi  venne  voglia  di  prendermela  con  qualcuno.  Dovevo
            sfogarmi. Non ho resistito. Sono salito con i piedi sul bordo della vasca e ho iniziato a
            pisciarci dentro. Un gesto idiota, ma più la vescica si svuotava più mi sentivo meglio.
            Quella villa sembrava la conferma di un luogo comune, la realizzazione concreta di una
            diceria.  Avevo  la  sensazione  ridicola  che  da  una  stanza  stesse  per  uscire  Tony

            Montana, e accogliendomi con gesticolante, impettita arroganza stesse per dirmi: "Tutto
            quello che ho al mondo sono le mie palle e la mia parola. Non le infrango per nessuno,
            capito?". Chissà se Walter avrà anche sognato e immaginato di morire come Montana,
            cascando dall'alto nel suo salone d'entrata crivellato dai proiettili piuttosto che finire i
            suoi  giorni  in  cella  consumato  dal  morbo  di  Basedow  che  gli  stava  corrodendo  gli
            occhi e facendo esplodere la pressione sanguigna.


                 Non è il cinema a scrutare il mondo criminale per raccoglierne i comportamenti più
            interessanti. Accade esattamente il contrario. Le nuove generazioni di boss non hanno
            un  percorso  squisitamente  criminale,  non  trascorrono  le  giornate  per  strada  avendo
            come riferimento il guappo di zona, non hanno il coltello in tasca, né sfregi sul volto.
            Guardano  la  tv,  studiano,  frequentano  le  università,  si  laureano,  vanno  all'estero  e
            soprattutto sono impegnati nello studio dei meccanismi d'investimento. Il caso del film

            JZ  Padrino  è  eloquente.  Nessuno  all'interno  delle  organizzazioni  criminali,  siciliane
            come  campane,  aveva  mai  usato  il  termine  padrino,  frutto  invece  di  una  traduzione
            poco  filologica  del  termine  inglese  godfather.  Il  termine  usato  per  indicare  un
            capofamiglia  o  un  affiliato  è  sempre  stato  compare.  Dopo  il  film  però  le  famiglie
            mafiose  d'origine  italiana  negli  Stati  Uniti  iniziarono  a  usare  la  parola  padrino,

            sostituendo  quella  ormai  poco  alla  moda  di  compare  e  compariello.  Molti  giovani
            italoamericani legati alle organizzazioni mafiose imitarono gli occhiali scuri, i gessati,
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