Page 202 - Gomorra
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vasca  con  idromassaggio.  Tutto  sottoterra,  vivendo  come  in  una  tana,  tra  botole  e
            cunicoli.

                 Walter invece non si nascondeva sotto terra. Quando era latitante arrivava in paese
            per le riunioni più importanti. Tornava a casa alla luce del sole, con il suo corteo di
            guardaspalle  certo  della  inaccessibilità  della  villa.  La  polizia  lo  arrestò  quasi  per
            caso. Stavano facendo i soliti controlli. Otto, dieci, dodici volte al giorno poliziotti e

            carabinieri solitamente vanno a casa delle famiglie dei latitanti, controllano, visitano,
            perquisiscono,  ma  soprattutto  cercano  di  sfiancare  i  nervi  e  rendere  sempre  meno
            solidale la famiglia alla scelta di latitanza del proprio congiunto. La signora Schiavone
            riceveva i poliziotti sempre con gentilezza e spavalderia. Sempre serena nell'offrire tè
            e biscotti sistematicamente rifiutati. Un pomeriggio però la moglie di Walter era tesa

            già  al  citofono,  dalla  lentezza  con  cui  aveva  aperto  il  cancello  i  poliziotti  avevano
            intuito subito che quella giornata aveva qualcosa di anomalo. Mentre giravano per la
            villa, la signora Schiavone li seguiva attaccata ai talloni e non gli parlava dal basso
            della  scalinata  lasciando  rimbombare  le  parole  per  tutta  la  villa,  come  solitamente
            accadeva.  Trovarono  camicie  maschili  appena  stirate  raccolte  in  pila  sul  letto,  di
            misura troppo grande per essere indossate dal figlio. Walter era lì. Era tornato a casa. I
            poliziotti capirono e iniziarono a disperdersi nelle stanze della villa per cercarlo. Lo

            beccarono mentre tentava di scavalcare il muro. Lo stesso che aveva fatto costruire per
            rendere impenetrabile la sua villa gli impedì di scappare con agilità. Acciuffato come
            un  ladruncolo  che  sgambetta  cercando  appigli  su  una  parete  liscia.  La  villa  venne
            subito sequestrata, ma per circa sei anni nessuno ne ha mai realmente preso possesso.
            Walter ordinò di sottrarre tutto il possibile. Se non poteva più essere a sua disposizione
            non  doveva  più  esistere.  O  sua  o  di  nessuno.  Fece  scardinare  le  porte,  staccare  gli

            infissi, togliere il parquet, divellere i marmi dalle scale, smantellare i preziosi camini,
            togliere  persino  le  ceramiche  dai  bagni,  estirpare  i  passamani  in  legno  massello,  i
            lampadari,  la  cucina,  portare  via  i  mobili  ottocenteschi,  le  vetrine,  i  quadri.  Diede
            ordine di disseminare la casa di copertoni e gli fece dare fuoco così da rovinare le
            pareti, gli intonaci, compromettere le colonne. Anche in questo caso però sembra aver
            lasciato un messaggio. L'unica cosa inalterata, lasciata intatta, è la vasca costruita al
            secondo piano, il vero vezzo del boss. Una vasca principesca costruita nel salone al

            secondo piano. Adagiata su tre gradoni con un volto di leone dorato da cui ruggiva
            l'acqua.  Una  vasca  posizionata  dietro  una  finestra  con  arco  a  botte  che  dava
            direttamente sul panorama del giardino della villa. Una traccia della sua potenza di
            costruttore  e  di  camorrista,  come  un  pittore  che  ha  cancellato  il  suo  dipinto,
            risparmiando  però  la  sua  firma  sulla  tela.  Passeggiando  lentamente  per  Hollywood,

            quelle che credevo fossero voci di esagerata leggenda mi paiono invece corrispondere
            al vero. I capitelli dorici, l'imponenza delle strutture dell'edificio, il doppio timpano, la
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