Page 200 - Gomorra
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essere quello del film Scarface e nient'altro. Questa mi pareva una di quelle storie che
            addobbano l'ascesa al potere di ogni boss, un'aura che si impasta di leggenda, di veri e
            propri miti metropolitani. Ogni volta che qualcuno nominava Hollywood c'era sempre
            qualcun altro che da ragazzino era riuscito a vedere i lavori di costruzione, tutti in fila
            sulle  biciclette  a  contemplare  la  villa  di  Tony  Montana  che  lentamente  spuntava  in
            mezzo  alle  strade,  direttamente  da  uno  schermo.  Una  cosa  rara  del  resto,  perché  a
            Casale i cantieri delle ville vengono tirati su soltanto dopo aver alzato alte mura. Alla

            storia di Hollywood non ci ho mai creduto. Vista da fuori la villa di Schiavone è un
            bunker, circondata da spesse mura sormontate da cancellate minacciose. Ogni accesso
            è protetto da cancelli blindati. Non si intuisce cosa ci sia al di là delle mura, ma pensi
            a qualcosa di prezioso, vista l'armatura della difesa.


                 Esiste  un  unico  cenno  esterno,  un  messaggio  silenzioso,  ed  è  proprio  celebrato
            all'entrata  principale.  Ai  lati  della  cancellata,  che  sembrerebbe  d'una  masseria  di
            campagna,  ci  sono  due  colonnine  doriche  sormontate  da  un  timpano.  Non  c'entrano
            nulla  con  la  disciplinata  sobrietà  delle  casette  d'intorno,  con  le  mura  spesse,  con  il
            cancellacelo  rosso.  In  realtà  è  il  marchio  di  famiglia:  il  timpano  neopagano,  come
            messaggio  destinato  a  chi  già  conosceva  la  villa.  Solo  vederla  mi  avrebbe  dato
            certezza  che  quella  costruzione  di  cui  si  favoleggiava  da  anni  esisteva  veramente.

            Avevo  pensato  di  entrarci  decine  di  volte  per  fissare  Hollywood  con  i  miei  occhi.
            Pareva  impossibile.  Anche  dopo  il  sequestro  era  presidiata  dai  pali  del  clan.  Una
            mattina,  prima  che  fosse  decisa  la  destinazione  d'uso,  mi  feci  coraggio  e  riuscii  a
            entrare. Passai da un accesso secondario, al riparo da sguardi indiscreti che avrebbero
            potuto innervosirsi per l'intrusione. La villa appariva imponente, luminosa, la facciata
            incuteva  la  stessa  soggezione  che  si  prova  dinanzi  a  un  monumento.  Le  colonne

            sorreggevano  due  piani  con  timpani  di  diversa  grandezza  organizzati  in  struttura
            verticale decrescente, con al centro un semicerchio mozzato. L'entrata era un delirio
            architettonico, due enormi scalinate si arrampicavano come due ali di marmo al primo
            piano che si affacciava a balconata sul salone sottostante. L'atrio era identico a quello
            di Tony Montana. C'era anche il ballatoio con un'entrata centrale allo studio, lo stesso
            dove si conclude tra piogge di proiettili Scarface. La villa è un tripudio di colonne
            doriche  intonacate  di  rosa  all'interno  e  di  verde  acquamarina  all'esterno.  I  lati

            dell'edificio sono formati da doppi colonnati attraversati da preziose rifiniture in ferro
            battuto.  L'intera  proprietà  è  tremilaquattrocento  metri  quadri  con  una  costruzione  di
            ottocentocinquanta metri quadri disposta su tre livelli, il valore dell'immobile alla fine
            degli anni '90 era di circa cinque miliardi di lire, ora la stessa costruzione avrebbe un
            valore commerciale di quattro milioni di euro. Al primo piano vi sono stanze enormi,

            in ognuna c'è, inutilmente, almeno un bagno. Alcuni lussuosi ed enormi, altri invece
            piccoli e raccolti. C'è la stanza dei figli, con ancora i poster di cantanti e calciatori
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