Page 204 - Gomorra
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le parole ieratiche. Lo stesso boss John Gotti si volle trasformare in una versione in
carne e ossa di don Vito Corleone. Anche Luciano Liggio, boss di Cosa Nostra, si
faceva fotografare sporgendo la mascella come il capofamiglia de II Padrino.
Mario Puzo non si era ispirato a un boss siciliano, ma alla storia e all'aspetto di un
boss della Pignasecca, il mercato del centro storico di Napoli, Alfonso Tieri che prese
posto - dopo la morte di Charles Gambino - al vertice delle famiglie mafiose italiane
egemoni negli Stati Uniti. Antonio Spavone "'o malommo", il boss napoletano legato a
Tieri, aveva dichiarato in un'intervista a un giornale americano che "se i siciliani
aveva-vo insegnato a stare zitti e muti, i napoletani avevano fatto capire al mondo come
ci si comporta quando si comanda. Fare capire con un gesto che comandare è meglio
che fottere". La maggior parte degli archetipi criminali, l'acme del carisma mafioso
proveniva da una manciata di chilometri in Campania. Anche Al Capone era campano
d'origine. La sua famiglia proveniva da Castellammare di Stabia. Fu il primo boss a
misurarsi col cinema. Il suo soprannome, Scarface, lo sfregiato, dovuto a una cicatrice
sulla guancia, poi ripreso nel 1983 da Brian De Palma per il film sul boss cubano, era
già stato il titolo di un film di Howard Hawks nel 1932. Al Capone si faceva vedere
sul set, arrivava con la sua scorta ogni volta che c'era qualche scena d'azione e qualche
esterna a cui poteva assistere. Il boss voleva controllare che Tony Camonte, il
personaggio di Scarface a lui ispirato, non venisse banalizzato. E voleva somigliare il
più possibile a Tony Camonte, certo che dopo l'uscita del film, sarebbe diventato lui
l'emblema di Capone, e non più Capone il suo modello.
Il cinema è un modello da cui decrittare modi d'espressione. A Napoli, Cosimo Di
Lauro è esemplare. Guardando la sua tenuta, a tutti doveva venire in mente The Crow
di Brandon Lee. I camorristi debbono formarsi un'immagine criminale che spesso non
hanno, e che trovano nel cinema. Articolando la propria figura su una maschera
hollywoodiana riconoscibile, percorrono una sorta di scorciatoia per farsi riconoscere
come personaggi da temere. L'ispirazione cinematografica arriva a condizionare anche
le scelte tecniche come l'impugnatura della pistola e il modo di sparare. Una volta un
veterano della Scientifica di Napoli mi raccontò come i killer di camorra imitassero
quelli dei film:
Ormai dopo Tarantino questi hanno smesso di saper sparare come Cristo comanda!
Non sparano più con la canna dritta. La tengono sempre sbilenca, messa di piatto.
Sparano con la pistola storta, come nei film, e questa abitudine crea disastri. Sparano
al basso ventre, all'inguine, alle gambe, feriscono gravemente senza uccidere. Così
sono sempre costretti a finire la vittima sparando alla nuca. Un lago di sangue gratuito,
una barbarie del tutto superflua ai fini dell'esecuzione.