Page 196 - Gomorra
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Casal di Principe (CE)





                 Non  sono  belli  ma  piacciono  perché  sono  boss;  è  così.  Se  si  dovesse  fare  una
            classifica  tra  i  boss  playboy  della  provincia  a  detenere  il  primato  sono  due
            pluripregiudicati di Casal di Principe non certamente belli come poteva esserlo quello

            che invece è sempre stato il più affascinante di tutti cioè don Antonio Bardellino. Si
            tratta di Francesco Piacenti alias Nasone e Nunzio De Falco alias 'o Lupo. Secondo
            quello che si racconta ha avuto 5 mogli e il secondo 7. Naturalmente ci riferiamo non a
            rapporti matrimoniali veri e propri ma anche a rapporti duraturi da cui hanno avuto
            figli. Nunzio De Falco infatti, sembra che avrebbe oltre dodici figli avuti da diverse
            donne. Ma particolare interessante è un altro quello che le donne in questione non sono
            tutte italiane. Una spagnola un'altra inglese un'altra è portoghese. Ogni luogo dove si

            rifugiavano anche in periodo di latitanza mettevano su famiglia. Come marinai? Quasi
            [...] Non a caso nei loro processi sono state chieste le testimonianze anche di alcune
            loro  donne  tutte  belle  e  molto  eleganti.  È  spesso  anche  il  gentil  sesso  la  causa  dei
            tramonti  dei  tanti  boss.  Spesso  sono  state  loro  che  indirettamente  anche  loro  hanno
            condotto  alla  cattura  dei  boss  più  pericolosi.  Gli  investigatori  pedinandole  hanno
            permesso  la  cattura  di  boss  del  calibro  di  Francesco  Schiavone  Cicciariello  [...]

            Insomma le donne croce e delizia anche di boss.

                 La morte di don Peppino fu il prezzo pagato alla pace tra i clan. Anche la sentenza
            fa riferimento a questa ipotesi. Tra i due gruppi in lotta si doveva trovare un accordo, e
            questo  forse  è  stato  siglato  sulla  carne  di  don  Peppino.  Come  un  capro  espiatorio
            sacrificato.  Eliminarlo  significava  risolvere  un  problema  per  tutte  le  famiglie  e  al
            contempo distogliere l'attenzione delle indagini dai loro affari.


                 Avevo sentito parlare di un amico di gioventù di don Peppino, Cipriano, che aveva
            scritto  un'arringa  da  leggere  al  funerale,  un'invettiva  ispirata  a  un  discorso  di  don
            Peppino, ma non aveva avuto neanche la forza di muoversi quella mattina. Era andato
            via  dal  paese  molti  anni  prima,  viveva  nei  dintorni  di  Roma,  aveva  deciso  di  non

            mettere più piede in Campania. Mi avevano detto che il dolore per la morte di don
            Peppino  l'aveva  cucito  a  letto  per  mesi.  Quando  chiedevo  di  lui  a  una  sua  zia,  lei
            rispondeva sistematicamente e con lo stesso tono funereo: "S'è chiuso. Ormai Cipriano
            s'è chiuso!".
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