Page 192 - Gomorra
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Della Medaglia non si presentò all'appuntamento, ma riuscì nella notte a contattare
            un'altra  persona  da  mandare,  Vincenzo  Verde.  Gli  altri  componenti  del  gruppo  non
            furono  particolarmente  felici  della  scelta,  Verde  aveva  spesso  crisi  epilettiche.
            Rischiava, dopo aver sparato, di sciogliersi a terra in convulsioni, crisi, lingua tagliata
            dai denti e bava alla bocca. Avevano tentato così di coinvolgere al suo posto Nicola
            Gaglione,  ma  lui  aveva  categoricamente  rifiutato.  Santoro  iniziò  ad  avere  crisi  di
            labirintite. Non riusciva a tenere a mente nessun percorso, così Quadrano mandò suo

            fratello Armando ad accompagnare Santoro. Un'operazione semplice, un auto davanti
            alla chiesa che aspetta e i killer che tornano a passo lento dopo aver fatto il servizio.
            Come una preghiera a prima mattina. Dopo l'esecuzione il gruppo di fuoco non ebbe
            fretta di fuggire. Quadrano fu invitato la sera stessa ad andare in Spagna, ma rifiutò. Si
            sentiva tutelato dal fatto che l'assassinio di don Peppino era un'azione del tutto slegata

            dalla prassi militare sino ad allora seguita. E come non era noto a loro il motivo di
            quell'uccisione non sarebbe stata nota neanche ai carabinieri. Appena però le indagini
            di polizia iniziarono a orientarsi in ogni direzione, Quadrano si trasferì in Spagna. Lui
            stesso  dichiarò  che  Francesco  Piacenti  gli  aveva  rivelato  che  Nunzio  De  Falco,
            Sebastiano Caterino e Mario Santoro dovevano farlo fuori, forse perché nutrivano il
            sospetto che volesse pentirsi ma il giorno dell'agguato lo videro in macchina assieme
            al figlio piccolo e lo risparmiarono.


                 A Casal di Principe, Sandokan sentiva sempre più spesso il suo nome associato
            all'eliminazione del sacerdote. Così fece sapere ai familiari di don Peppino che se i
            suoi  uomini  avessero  messo  le  mani  su  Quadrano  prima  della  polizia,  l'avrebbero
            tagliato in tre pezzi e gettato sul sagrato della chiesa. Più che una vendetta era un chiaro
            messaggio di non responsabilità nell'agguato a don Diana. Poco dopo, per reagire alle

            dichiarazioni di estraneità di Francesco Schiavone, in Spagna avvenne un incontro tra
            gli  uomini  del  clan  De  Falco,  in  cui  Giuseppe  Quadrano  propose  di  ammazzare  un
            parente di Schiavone, tagliarlo a pezzi e lasciarlo in un sacco fuori alla chiesa di don
            Peppino. Un modo per far cadere la responsabilità su Sandokan. Entrambe le fazioni,
            pur non conoscendo l'una le intenzioni dell'altra, erano giunte alla medesima soluzione.
            Tagliare  cadaveri  e  spargerne  i  pezzi  è  il  miglior  modo  per  rendere  indelebile  un
            messaggio. Mentre i suoi assassini parlavano di tagliare la carne per suggellare una

            posizione, pensavo ancora una volta alla battaglia di don Peppino, alla priorità della
            parola. A quanto fosse davvero incredibilmente nuova e potente la volontà di porre la
            parola al centro di una lotta contro i meccanismi di potere. Parole davanti a betoniere e
            fucili.  E  non  metaforicamente.  Realmente.  Lì  a  denunciare,  testimoniare,  esserci.  La
            parola con l'unica sua armatura: pronunciarsi. Una parola che è sentinella, testimone:

            vera a patto di non smettere mai di tracciare. Una parola orientata in tal senso la puoi
            eliminare solo ammazzando.
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