Page 189 - Gomorra
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Da  quando  è  stata  promulgata  la  legge  che  scioglie  i  comuni  per  infiltrazione
            mafiosa, sedici sono le amministrazioni comunali sciolte per camorra in provincia di
            Caserta.  Cinque  di  esse  sono  state  commissariate  due  volte.  Carinola,  Casal  di
            Principe,  Casapesenna,  Castelvolturno,  Cesa,  Frignano,  Grazzanise,  Lusciano,
            Mondragone,  Pignataro  Maggiore,  Recale,  San  Cipriano,  Santa  Maria  la  Fossa,
            Teverola, Villa di Briano, San Tammaro. I sindaci che si oppongono ai clan in questi
            paesi,  quando  riescono  a  farsi  eleggere  battendo  voto  di  scambio  e  strategie

            economiche che trasversalmente avvinghiano ogni schieramento politico, si trovano a
            dover fare i conti con i limiti degli amministratori locali, pochi spiccioli e marginalità
            assoluta. Devono iniziare ad abbattere, smontando mattone per mattone. Con budget da
            paese devono fronteggiare multinazionali, con caserme di provincia arginare enormi
            batterie di fuoco. Come nel 1988 quando Antonio Cangiano, assessore di Casapesenna,

            si oppose alla penetrazione del clan in alcuni appalti. Lo minacciarono, lo pedinarono,
            gli spararono alla schiena, in piazza, davanti a tutti. Lui non aveva fatto camminare il
            clan  dei  Casalesi,  i  Casalesi  non  avrebbero  più  fatto  camminare  lui.  Costrinsero
            Cangiano alla sedia a rotelle. I presunti responsabili dell'agguato sono stati assolti nel
            2006.

                 Casal di Principe non è un paese della Sicilia aggredito dalla mafia, dove opporsi

            all'imprenditoria criminale è cosa dura ma al fianco della propria azione ci sono cortei
            di  telecamere,  giornalisti  affermati  e  in  via  d'affermazione,  e  stuoli  di  dirigenti
            antimafia nazionali che in qualche modo riescono ad amplificare il proprio impegno.
            Qui tutto ciò che fai rimane nel perimetro degli spazi ristretti, nella condivisione dei
            pochi.  È  proprio  in  questa  solitudine  credo,  che  si  foggia  quello  che  potrebbe
            chiamarsi coraggio, una sorta di panoplia a cui non pensi, te la porti addosso senza

            rendertene conto. Vai avanti, fai quello che devi fare, il resto non vale nulla. Perché la
            minaccia non è sempre una pallottola tra gli occhi, o i quintali di merda di bufala che ti
            scaricano fuori alla porta di casa.

                 lì  sfogliano  lentamente.  Una  foglia  al  giorno,  fin  quando  ti  trovi  nudo  e  solo  a
            credere  che  stai  combattendo  con  qualcosa  che  non  esiste,  che  è  un  delirio  del  tuo
            cervello. Inizi a credere alle calunnie che ti indicano come un insoddisfatto che se la

            prende con chi è riuscito e per frustrazione li chiama camorristi. Giocano con te come
            con lo shangai. Tolgono tutte le bacchette di legno senza mai farti muovere, così alla
            fine rimani da solo e la solitudine ti trascina per i capelli. È uno stato d'animo che qui
            non ti puoi permettere. È un rischio, abbassi la guardia, non riesci più a comprendere i
            meccanismi, i simboli, le scelte. Rischi di non accorgerti più di niente. E allora devi

            dare  fondo  a  tutte  le  tue  risorse.  Devi  trovare  qualcosa  che  carburi  lo  stomaco
            dell'anima per andare avanti. Cristo, Buddha, l'impegno civile, la morale, il marxismo,
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