Page 19 - Gomorra
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Nessuno chiedeva, tutti constatavano che le merci non soffrono il caldo e questa era
            condizione sufficiente per non spendere soldi in condizionatori.

                 Stipavamo  pacchi  con  giubbotti,  impermeabili,  k-way,  maglioncini  di  filo,
            ombrelli.  Era  piena  estate,  sembrava  una  scelta  folle  quella  di  rifornirsi  di  vestiti
            autunnali invece che accumulare costumi, prendisole e ciabatte. Sapevo che nelle case-
            deposito non si usava raccogliere i prodotti come in un magazzino, ma solo merce da

            immettere  subito  nel  mercato.  Ma  gli  imprenditori  cinesi  avevano  previsto  che  ci
            sarebbe  stato  un  agosto  con  poco  sole.  Non  ho  mai  dimenticato  la  lezione  di  John
            Maynard Keynes sul concetto di valore marginale: come varia, per esempio, il prezzo
            di  una  bottiglia  d'acqua  in  un  deserto  o  della  stessa  bottiglia  vicino  a  una  cascata.
            Quell'estate,  quindi,  l'impresa  italiana  porgeva  bottiglie  vicino  alle  fonti,  mentre

            l'imprenditoria cinese edificava sorgenti nel deserto.

                 Dopo i primi giorni di lavoro nel palazzo, Xian venne a dormire da noi. Parlava un
            perfetto italiano, con una leggera r mutata in v. Come i nobili decaduti imitati da Totò
            nei suoi film. Xian Zhu era stato ribattezzato Nino. A Napoli, quasi tutti i cinesi che
            hanno relazione con gli indigeni si danno un nome partenopeo. È prassi così diffusa che
            non  desta  più  stupore  sentire  un  cinese  che  si  presenta  come  Tonino,  Nino,  Pino,

            Pasquale. Xian Nino invece di dormire passò la notte al tavolo in cucina, telefonando e
            sbirciando la televisione. Ero sdraiato sul letto, ma dormire risultava impossibile. La
            voce  di  Xian  non  si  interrompeva  mai.  La  sua  lingua  veniva  sparata  fuori  dai  denti
            come una mitraglietta. Parlava senza neanche prendere respiro dalle narici, come in
            un'apnea di parole. E poi le flatulenze dei suoi guardaspalle che saturavano la casa di
            un odore dolciastro avevano appestato anche la mia stanza. Non era solo la puzza a

            disgustare, ma anche le immagini che quella puzza ti sprigionava in mente. Involtini
            primavera in putrefazione nei loro stomaci e riso alla cantonese macerato nei succhi
            gastrici. Gli altri inquilini erano abituati. Chiusa la porta non esisteva altro che il loro
            sonno. Per me invece non esisteva altro che quello che stava accadendo oltre la mia
            porta. Così mi piazzai in cucina. Spazio comune. E quindi anche in parte mio. O così
            avrebbe dovuto essere. Xian smise di parlare e iniziò a cucinare. Friggeva del pollo.
            Mi venivano in mente decine di domande da porgli, di curiosità, di luoghi comuni che

            volevo scrostare. Mi misi a parlare della Triade. La mafia cinese. Xian continuava a
            friggere.  Volevo  chiedergli  dettagli.  Anche  soltanto  simbolici,  non  pretendevo  certo
            confessioni sulla sua affiliazione. Mostravo di conoscere i tratti generici del mondo
            mafioso  cinese,  con  la  presunzione  che  conoscere  gli  atti  d'indagine  fosse  un  modo
            maestro per possedere il calco della realtà. Xian portò il suo pollo fritto in tavola,

            prese posto e non disse nulla. Non so se ritenesse interessante quanto dicevo. Non so e
            non ho mai saputo se fosse parte di quell'organizzazione. Bevve della birra e poi alzò
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