Page 169 - Gomorra
P. 169

"La soffiata, anzi chi mise fiato alle trombe e permise il mio arresto in Francia,
            fu, come accertato probatoriamente fatta da Carmine Schiavone, e non già Cicciotto
            Bidognetti.  La  verità  è  che  tale  individuo  che  risponde  al  nome  del  pentito  Luigi
            Diana dice falsità e vuole mettere zizzania per tornaconti personali."

                 Inoltre "suggerisce" al direttore del giornale di raccontare bene le notizie:


                 "Vi  prego  di  non  farvi  strumentalizzare  da  questo  delatore,  molto,  ma  molto
            prezzolato  e  di  non  incorrere  nell'errore  di  trasformare  il  vostro  quotidiano  di
            cronaca in un giornale scandalistico, che inevitabilmente perderebbe di credibilità
            come un giornale vostro concorrente a cui non ho rinnovato l'abbonamento, cosa che

            come me molti faranno, non comprando un giornale così strumentalizzato."

                 Con la lettera, Sandokan delegittima il giornale concorrente del quotidiano a cui ha
            indirizzato la lettera, e ufficialmente lo elegge a suo nuovo interlocutore.

                 "Non commento nemmeno il fatto che il giornale vostro concorrente è abituato a
            scrivere falsità. Il sottoscritto è come l'acqua di fonte: trasparente in tutto!"


                 Sandokan invitò i suoi uomini a comprare il nuovo giornale e non più il vecchio, da
            decine di carceri in tutt'Italia arrivarono richieste d'abbonamento per il nuovo giornale
            prescelto dal boss e disdette d'abbonamento per quello criticato. Il boss chiuse la sua
            lettera di pace con Bidognetti scrivendo:


                 "La vita ti chiede sempre ciò che sei capace di affrontare. A questi cosiddetti
            pentiti la vita gli ha chiesto di affrontare il fango. Come ai porci!"

                 Il cartello dei Casalesi non era sconfitto. Risultava persino rinvigorito. Secondo le
            indagini  della  Procura  Antimafia  di  Napoli,  il  cartello  è  attualmente  gestito  da  una
            diarchia retta da Antonio Iovine, detto "'o ninno" ossia il poppante, perché raggiunse i
            vertici del clan ancora ragazzino, e Michele Zagaria, il boss manager di Casapesenna,

            detto "capastorta" per l'irregolarità del suo viso, ma che pare ora si faccia chiamare
            "Manera". Entrambi i boss sono latitanti da anni e inseriti nell'elenco del Ministero
            dell'Interno  tra  i  più  pericolosi  fuggiaschi  italiani.  Irreperibili,  eppure  sicuramente
            sempre presenti nel loro paese. Nessun boss può, per troppo tempo, abbandonare le
            proprie  radici  perché  è  su  queste  che  tutto  il  potere  si  edifica  e  tutto  il  potere  può

            crollare.
   164   165   166   167   168   169   170   171   172   173   174