Page 167 - Gomorra
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vogliono  eliminare  non  è  solo,  non  potranno  facilmente  sbarazzarsene  come  se  si
            trattasse  di  un  individuo  la  cui  morte  non  interesserebbe  che  la  propria  cerchia  di
            familiari. Lorenzo Diana è uno di quei politici che ha deciso di mostrare la complessità
            del  potere  casalese  e  non  di  denunciare  genericamente  dei  criminali.  È  nato  a  San
            Cipriano d'Aversa, ha vissuto osservando da vicino l'emergere del potere di Bardellino
            e di Sandokan, le faide, i massacri, gli affari. Può, più di ogni altro, raccontare quel
            potere,  e  i  clan  temono  la  sua  conoscenza  e  la  sua  memoria.  Temono  che  da  un

            momento all'altro possa risvegliarsi l'attenzione dei media nazionali sul potere casale-
            se, temono che in Commissione Antimafia il senatore possa denunciare ciò che ormai
            la stampa ignora, relegando tutto a crimine di provincia. Lorenzo Diana è uno di quei
            rari  uomini  che  sa  che  combattere  il  potere  della  camorra  comporta  una  pazienza
            certosina, quella di ricominciare ogni volta da capo, dall'inizio, tirare a uno a uno i fili

            della  matassa  economica  e  raggiungerne  il  capo  criminale.  Lentamente  ma  con
            costanza,  con  rabbia,  anche  quando  ogni  attenzione  si  dilegua,  anche  quando  tutto
            sembra davvero inutile e perso in una metamorfosi che lascia alternare poteri criminali
            a poteri criminali, senza sconfiggerli mai.

                 Con il processo giunto a sentenza tra i Bidognetti e gli Schiavone poteva scoppiare
            un conflitto aperto. Per anni si erano fronteggiati attraverso vari clan a loro confederati,

            poi gli affari comuni avevano sempre prevalso sui contrasti.

                 I Bidognetti dispongono di potenti batterie di fuoco, il loro territorio è il nord del
            casertano, un dominio che giunge sino alla costa domizia. Ferocissimi, a Castelvolturno
            avevano bruciato vivo un barista, Francesco Salvo, titolare del locale in cui lavorava,
            il Tropicana, punito per aver osato sostituire i videopoker dei Bidognetti con quelli

            gestiti da un clan rivale. I Mezzanotte erano arrivati a lanciare una bomba al fosforo
            contro  l'auto  di  Gabriele  Spenuso,  mentre  camminava  sulla  Nola-Villa  Literno.
            Domenico  Bidognetti  aveva  ordinato  l'eliminazione  di  Antonio  Magliulo  nel  2001,
            perché  aveva  osato  fare  avances,  nonostante  fosse  un  uomo  sposato,  a  una  ragazza,
            cugina di un boss. L'avevano legato a una sedia, su una spiaggia, e dinanzi al mare
            avevano iniziato a imbottirgli la bocca e le narici di sabbia. Per respirare Magliulo
            inghiottiva e sputava sabbia e cercava di soffiarla fuori dal naso. Vomitava, masticava,

            agitava  il  collo,  impastava  con  la  saliva  la  rena  creando  una  specie  di  primitivo
            cemento, una materia collosa che lentamente lo affogò. La ferocia dei Mezzanotte era
            direttamente  proporzionale  al  potere  imprenditoriale.  Legati  al  ciclo  dei  rifiuti,  i
            Bidognetti avevano stretto - secondo diverse indagini della DDA di Napoli del 1993 e
            del 2006 - alleanze con la massoneria deviata della P2. Smaltivano illegalmente, e a

            prezzi molto convenienti, i rifiuti tossici di imprenditori legati alla loggia. Un nipote di
            Cicciotto  di  Mezzanotte,  Gaetano  Cerci,  arrestato  nell'ambito  dell'operazione
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